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Lettere

Prendere posizione contro il nuovo antisemitismo globale

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Saremmo felici se potessimo passare il tempo a dividerci sull’italianità dei nostri campioni olimpici! Abbiamo un problema più grave: decidere se vogliamo che tra qualche decennio l’Italia sia una società viva o un ospizio tra musei e opere d’arte. In un paese anziano e con pochi bambini, diminuiranno non solo i potenziali campioni sportivi, ma anche medici, ingegneri, biologi, maestri, operai, infermieri e così via. Ogni anno si tagliano classi scolastiche, le aree interne si spopolano, le imprese non trovano manodopera, l’Inps si avvicina al default. Eppure ci consentiamo il lusso di rendere quasi impossibile immigrare legalmente per ragioni economiche. Il sistema delle quote è scollegato dalla realtà e dalle dinamiche di domanda e offerta di lavoro: è una “lotteria” per sanare parte degli irregolari già presenti, con annesse truffe e abusi. E attenzione: molto presto il tema non sarà più decidere se e quanto aprire agli immigrati, ma essere capaci di convincerne centinaia di migliaia all’anno a scegliere l’Italia e non altri paesi che offrono salari e prospettive migliori. Non siamo mica gli unici in Europa a fare pochi figli (e anche se iniziassimo ora, i primi effetti si avvertirebbero tra decenni), la competizione per attrarre le nuove energie dell’Africa e dell’Asia è già iniziata. Qualche proposta: anziché far rischiare la vita nel deserto e nel mare a tanti disperati, che con i loro risparmi ingrassano la criminalità dei trafficanti, permettiamo loro di recarsi al più vicino consolato italiano, pagare una cauzione, ottenere un visto di ricerca o lavoro di 6 mesi e salire in sicurezza su un aereo. Altra cosa: favoriamo (qualcosa si fa, ma poco) le imprese italiane che vogliono formare lavoratori stranieri nel loro paese d’origine. Ancora: introduciamo lo ius scholae e stanziamo borse di studio per studenti perché vengano a popolare le università italiane e magari a sviluppare qui la loro creatività. Infine, diciamo la verità: abbiamo bisogno di salire ancora di più nel medagliere, dobbiamo battere la Francia.
Piercamillo Falasca


Al direttore - Se la Russia vuole veramente la pace dovrebbe accettare di perdere la regione di Kursk.
Giancarlo Loquenzi 

Bandiere bianche per Putin, in Vaticano, ne abbiamo? 


Al direttore - Mi permetto di segnalare a quei politici, opinionisti e studiosi che oggi lodano la ragionevolezza di Teheran e Hamas, di fronte alla violenza genocidiaria di Gerusalemme, un libro di Bernard Wasserstein colpevolmente non ancora tradotto in italiano: “On The Eve: The Jews of Europe before the Second World War” (“Alla vigilia: gli ebrei d’Europa prima della Seconda guerra mondiale”, Simon and Schuster, 2012). Non è vero – spiega l’eminente storico inglese – che gli ebrei del Vecchio continente aspettavano passivamente lo scatenarsi della Shoah. Al contrario, cercavano di affrontare la minaccia in tutti i modi possibili: alcuni con l’assimilazione, altri con l’emigrazione, altri ancora con la conversione; alcuni si chiusero in un ghetto culturale, altri divennero comunisti, socialisti, liberali e perfino fascisti. Tutti cercavano di essere protagonisti della propria storia, senza però essere mai abbastanza forti per diventare padroni del proprio destino. Lo sono diventati solo con la creazione dello stato di Israele. E’ quindi perlomeno stravagante chiedere a un popolo di rinunciarvi, foss’anche parzialmente, in nome di una coesistenza pacifica negata in via di principio da un altro popolo. 
Michele Magno

La sfida lanciata da Teheran, in tutto il mondo, è purtroppo semplice: di fronte al nuovo antisemitismo globale, così simile a quello vecchio, voi starete con gli ayatollah o contro gli ayatollah? Astenersi utili idioti.

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