le lettere

Il giustizialismo e i silenzi su Del Turco, vergogna a sinistra

Chi ha scritto al direttore, Claudio Cerasa

Al direttore - L’articolo dell’assessore al Decentramento, partecipazione e servizi al territorio per la città dei 15 minuti Andrea Catarci pubblicato martedì dal Foglio meriterebbe di essere incorniciato ed esposto alla Mostra “Il tempo del futurismo” che sta organizzando il ministro Sangiuliano. Almeno per 15 minuti. Con i migliori saluti.
Roberto Alatri


Al direttore - Caro Cerasa, chiunque (come chi scrive) abbia avuto la fortuna di incontrare il sindacato confederale nell’epoca del suo massimo potere, vale a dire nella prima metà degli anni Settanta del secolo scorso, sicuramente ha conosciuto un ambiente umano davvero speciale. Non mi riferisco soltanto ai suoi capi o alle straordinarie lotte di quel periodo. Penso anche a quei dirigenti di seconda fila, a quei delegati o semplici attivisti che, ciascuno con la propria piccola storia fatta di rinunce e di generosità, hanno contribuito a costruire una formidabile esperienza di civilizzazione del lavoro. Per loro si poteva davvero utilizzare quella parola “servizio” che successivamente non di rado ha assunto un significato falso e ipocrita. Una risorsa che ha contribuito in buona parte all’ascesa delle confederazioni verso ruoli impensabili nell’immediato Dopoguerra. La nostalgia per questa realtà che fu è comprensibile, ma non porta da nessuna parte. La verità è che è finito il ciclo dei “santi minori”, come si è estinta la razza di quei leader carismatici che sono stati protagonisti delle svolte strategiche e delle culture storiche del movimento sindacale: cristiana, comunista, socialista e altre ancora. Perciò ricercare oggi la consistenza etica e ideale del suo “mestiere” ricorrendo a quegli esempi, è un esercizio sterile. Ecco perché non mi scandalizzo, al di là di alcune dichiarazioni di circostanza, per il gelido silenzio con cui i suoi vecchi compagni e amici hanno “commentato” la morte di Ottaviano Del Turco. Parlo di quel dirigente socialista che, pur dopo uno scontro al calor bianco col Pci sul taglio dei punti della scala mobile, fu invitato come oratore ai funerali di Enrico Berlinguer (17 giugno 1984). Questo Veltroni e Bersani lo sanno bene, ma sono stati zitti. Questo Schlein forse non lo sa, e forse nemmeno le interessa. Caro direttore, il problema per la sinistra italiana non è solo quello di essere ancora infettata dal virus del giustizialismo. Il problema è che non ha perso il vizio di celebrare gli eroi nei giorni di festa per insegnare la furbizia e il cinismo nei giorni feriali.
Michele Magno

Il modo in cui la sinistra italiana ha rimosso dalla sua storia Ottaviano Del Turco durante la sua vita e dopo la sua vita ci dice molto su cosa significhi e cosa abbia significato in questi anni per buona parte della sinistra italiana l’amore per il garantismo, il rispetto per lo stato di diritto, la passione per la separazione dei poteri, la lotta contro l’esondazione delle procure, la battaglia contro la cultura della gogna. Vergognarsi, grazie.


Al direttore - L’ostilità allo ius scholae è antieconomica. In Italia la scuola è pubblica per cui i ragazzi stranieri che la frequentano ottengono un diploma o una laurea a spese nostre, e dopo aver investito per formarli li dovremmo mandare via? O dovremmo tenerli, ma fargli pagare le tasse nei paesi di origine in quanto cittadini stranieri? Ma che senso ha? 
Stefano Cinelli Colombini

Al direttore - Nell’analisi sul melonismo che dovrebbe essere il sogno raggiunto del femminismo a sinistra, Merlo confonde prima di tutto il femminismo con la volontà di superiorità di un genere sull’altro. Implica che si debba attuare solo se ci rappresentiamo fredde e sprezzanti con l’obiettivo di una concreta “supremazia”, anche se non dichiarata. Esiste come ben sappiamo la personalità che si crea per vicende personali (e l’inesistenza o peggio del mondo maschile nelle vite di Arianna e Giorgia è cosa conclamata) ma per fortuna esistono anche gli affetti positivi di genere femminile e maschile, che formano, e soprattutto esistono scale di valori che però non preludono necessariamente a gerarchie di… mussoliniana memoria. Anzi, le negano. C’è un sogno da perseguire che si nutre di equivalenza, autentico rispetto, equilibrio e questo a mio avviso è il vero obiettivo del femminismo: restituire pari diritti, dignità e orgoglio alla persona. In quanto tale. Una cosa si afferma piuttosto dentro questa fotografia volutamente provocatoria di Salvatore Merlo: in politica non vale tanto il merito quanto l’imporsi, meglio se con durezza, sprezzanti appunto... Stavolta è una donna, anzi sono due, supportandosi, a farlo: somigliano terribilmente al modo atavico di essere e di fare maschile, anche nel pensiero. Donna sì, dunque, ma che ripete modelli maschili nel comportamento, nelle espressioni, nelle scelte politiche. Per noi, come si vede dalle decisioni assunte fin qui  (di destra, prettamente) nessun concreto vantaggio anzi la messa in discussione di ciò che finora abbiamo difficilmente ottenuto. No, non ci siamo, il modello non è affatto questo.
Laura Puppato
già sindaca di Montebelluna e capogruppo in Consiglio regionale del Veneto, già senatrice Pd, XVII legislatura