Lettere
Sono i terroristi nascosti tra i civili a violare il diritto internazionale
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Da qui al 7 ottobre, un pezzetto di “Statuto di Hamas” al giorno. “Se qualcuno di voi sceglierà di rimanere nelle pianure siriane o palestinesi, rimarrà sempre in stato di jihad fino al giorno della resurrezione”.
Andrea Minuz
A proposito di jihad. Qualcuno si è chiesto in questi giorni se l’operazione anti terroristica andata a segno in Libano contro alcuni combattenti di Hezbollah, operazione che oltre eliminare dei terroristi ha purtroppo coinvolto anche alcuni civili, sia stata un’operazione legale oppure no. Se lo è chiesto in particolare l’immancabile Onu, che, attraverso l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ha condannato Israele, usando queste parole: “Prendere di mira simultaneamente migliaia di individui, siano essi civili o membri di gruppi armati, senza sapere chi fosse in possesso dei dispositivi presi di mira, la loro posizione e i loro dintorni al momento dell’attacco, vìola il diritto internazionale dei diritti umani e, nella misura applicabile, il diritto internazionale umanitario”. Per capire cosa prevede il diritto internazionale sull’utilizzo delle armi in guerra occorre dare uno sguardo a un documento preciso: la Convenzione delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali (Ccw). Il protocollo proibisce l’uso di armi progettate principalmente per incendiare oggetti o in grado di causare ustioni contro i civili, salvo che gli incidenti non si verifichino quando le armi vengono utilizzate per colpire un chiaro obiettivo militare. Il protocollo, in linea generale, vieta le cosiddette “trappole esplosive”, un dispositivo, sintetizza il sito Newsrael, che può uccidere o ferire e che funziona inaspettatamente quando una persona disturba o si avvicina a un oggetto apparentemente innocuo o esegue un atto apparentemente sicuro. L’articolo 2 definisce “obiettivo militare” qualsiasi oggetto che per sua natura, ubicazione, scopo o uso fornisce un contributo efficace all’azione militare e la cui distruzione totale o parziale, cattura o neutralizzazione offre un netto vantaggio militare, e “oggetti civili” come tutti gli oggetti che non sono obiettivi militari. Ciò che rende un articolo proibito, si legge tra le righe del protocollo, è il suo ambito di utilizzo, che si tratti di un chiaro obiettivo militare o civile, e la presenza di un dispositivo che è una trappola esplosiva o un ordigno esplosivo improvvisato non rende di per sé proibito il suo utilizzo e il loro utilizzo in guerra è vietato solo se il suo utilizzo non ha un chiaro obiettivo militare. Ogni morto civile è una tragedia umana, ovviamente. Ma è anche una tragedia non ricordare, come fa l’Onu, che condurre una guerra contro un nemico che si nasconde in mezzo al territorio civile è un crimine che dovrebbe essere contestato non a chi prova a eliminare i terroristi ma ai terroristi che usano i civili come scudi umani, questo sì, senza dubbio, è un crimine che va, senza possibilità di errore, contro il diritto internazionale umanitario.
Al direttore - Adriano Olivetti è stato bene rappresentato dalla presidente del Consiglio, con la forza di una citazione centrale del suo pensiero e della sua azione, all’assemblea di Confindustria, nella casa che fu del suo avversario Costa. Stupisce che a farlo prima non siano stati capaci né altri presidenti del Consiglio, né presidenti della Repubblica, né capi dei sindacati, né segretari e segretarie di partiti cosiddetti progressisti. Chapeau!
Giovanni Maggio, olivettiano di fede adrianea
Al direttore - Premettendo di concordare con la tesi da lei espressa nell’editoriale “Il falso divieto sulle armi italiane a Kyiv”, secondo cui l’Italia per l’Ucraina fa molto più di quanto pubblicamente si dica, ritengo comunque il sostegno militare “nascosto” a Kyiv un errore. Innanzitutto perché in politica estera i consensi elettorali – specie se lontani dalle elezioni – dovrebbero contare molto meno dell’interesse nazionale; secondo poi perché se si ritiene giusto sostenere l’Ucraina nella sua guerra contro un esercito invasore, lo si dovrebbe fare e dire pubblicamente, senza timori. Anche perché, alle lunghe, fornire armi a Kyiv, adottare un “non nocet” al loro utilizzo contro obiettivi militari russi e poi mostrarsi al mondo come miseramente ha fatto la pattuglia di europarlamentari italiani nella votazione al paragrafo 8 della risoluzione a sostegno dell’Ucraina, non è una linea politica di ampio respiro. Spesso la bontà delle decisioni e le percezioni dell’opinione pubblica non corrono sullo stesso binario.
Filippo Del Monte
Sottoscrivo.