Lettere

Il decreto anti pirateria è un invito a nozze per i pm in cerca di visibilità

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Da qui al 7 ottobre, un pezzetto di “Statuto di Hamas” al giorno: “L’invasione sionista è veramente malvagia. Non esita a prendere ogni strada e a ricorrere ai mezzi più disonorevoli e ripugnanti per compiere i suoi desideri. Nelle sue attività di infiltrazione e spionistiche, si affida ampiamente alle organizzazioni clandestine che ha fondato, come la massoneria, il Rotary Club e i Lions Club, e altri gruppi spionistici. Tutte queste organizzazioni, siano segrete o aperte, operano nell’interesse del sionismo e sotto la sua direzione. Il loro scopo è demolire le società, distruggere i valori, violentare le coscienze, sconfiggere la virtù, e porre nel nulla l’islam”.
Andrea Minuz


Al direttore - In un momento in cui servirebbero politiche penitenziarie deflazioniste per alleggerire il peso sugli istituti carcerari e le scrivanie dei tribunali, la maggioranza insiste sulla linea panpenalista trasformando ogni allarme sociale in pena detentiva. L’ultima trovata, inserita nel decreto Omnibus, è il carcere per chi guarda e trasmette le partite con i sistemi “pezzotti” di pay per view. In galera potranno certamente pagarsele.
Annarita Digiorgio

C’è di più, in quel decreto. Il dl in questione introduce l’obbligo per i fornitori di servizi di accesso e altri servizi legati a internet di segnalare immediatamente illeciti commessi tramite la rete Internet, nonché la sanzione fino a un anno di detenzione in caso di omissione. Le aziende soggette a questo obbligo, come è semplice da capire, sono quasi tutte quelle coinvolte nella cosiddetta catena di valore di Internet: le telco (che vendono gli abbonamenti di accesso al cliente finale), i motori di ricerca (Google, Edge e gli altri), i fornitori di Vpn (che per 30 euro all’anno mascherano il paese di accesso), le grandi piattaforme che vendono servizi cloud (e anche i cosiddetti content delivery network). Avrete forse capito dov’è il dramma: se un magistrato di una piccola procura decide di voler trovare un modo per farsi notare potrebbe accusare uno di questi soggetti di non aver fatto la segnalazione. E in un paese in cui ci si è specializzati ad avere l’onere della prova invertito, dove cioè è chi è accusato di qualcosa che deve dimostrare che non sapeva che cosa stava accadendo, non ci vuole molto a immaginare  come basti un nulla per convocare in una procura un Elon Musk o chi per lui per spiegare le sue omesse vigilanze. Meloni è tornata dagli Stati Uniti promettendo di voler fare di tutto per invitare gli imprenditori a investire in Italia. Non si può dire che sia partita con il piede giusto. A meno che non si voglia dimostrare che creare le condizioni per moltiplicare i poteri delle procure sia un modo per stimolare gli imprenditori a scommettere sul nostro paese. 


Al direttore - Da diversi analisti politici si sostiene che l’approdo del sistema politico italiano a un assetto bipolarista richieda l’accettazione convinta della collocazione internazionale atlantista ed europeista dell’Italia da parte dei poli di sinistra e di destra in contesa tra loro. Già: qui è il punto dolente. Confesso di non essere un bipolarista: pongo dunque un interrogativo ai sostenitori di detta prospettiva. Da tempo il direttore ci descrive in particolare lo sforzo intrapreso dall’on. Giorgia Meloni per dare al polo di destra (a eccezione di Salvini, come sappiamo) un’identità atlantista ed europeista, e non si può negare che passi in tal senso ci siano stati nei primi due anni del governo a guida FdI. Ma in queste settimane, la Meloni sembra ritornare sui suoi passi – soprattutto a partire dall’ultimo viaggio negli Stati Uniti – dove assistiamo a un riposizionamento più ambiguo e distaccato, per esempio, nel sostegno militare italiano all’Ucraina. Non parliamo poi  delle divisioni gravi che esistono tra convinti putinisti (M5s e Avs), tendenziali neutralisti di ripiego e confusione (Pd) ed autentici occidentalisti (Azione, Iv e +Europa). In questo quadro, come può avvenire una reciproca legittimazione tra gli opposti attori del bipolarismo nazionale, che dovrebbe avere alla sua base il primario riconoscimento delle tradizionali alleanze internazionali dell’Italia? E soprattutto, per il quadro appena descritto, non le sembra necessario un serio riesame autocritico sull’inevitabilità dell’approdo bipolarista della politica italiana? Cominciando a riconsiderare anche ipotesi multipolari in grado di assicurare coalizioni politiche più omogenee sul piano della collocazione internazionale del nostro paese?
Alberto Bianchi

Il centro è ancora fondamentale, ma l’unico centro che per ora sembra avere possibilità di successo è quello che può riequilibrare le coalizioni al loro interno, e non all’esterno. Speriamo di sbagliarci.

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