Lettere
Avanti con la separazione delle carriere: non mollare
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Chi non ha avuto esperienze dirette non può capire. Mala giustizia è dire poco… è malissima, anzi vergognosa, inoltre fanno riferimenti quasi sempre alla giustizia penale ma la giustizia civile è ancora peggiore. Cito il mio caso: da 40 anni ho una causa civile pendente per avere un risarcimento da un comune dell’isola d’Elba per l’esproprio di un terreno. Cinque sentenze e quattro perizie e ancora non è finita. Ora aspettiamo la nomina di un consulente tecnico d’ufficio per fare una ulteriore perizia tecnica, la quinta, per stabilire il valore reale della proprietà che è stato già stabilito molto chiaramente tre volte. Una presa in giro. Mi dica lei quando finirà? Il comune continua a fare ricorso e opposizione per portare la cosa alle calende greche e trova leggi e giudici compiacenti. Intanto sono morti gli attori principali, giudici, avvocati. Io avevo 33 anni e ne ho 77! E nessun governo o ministro ha fatto niente per modificare il nostro codice antiquato che si rifà al codice Rocco del 1930.
Claudio Vecchione
La riforma della giustizia dovrebbe essere la priorità assoluta del governo. E il referendum sulla giustizia dovrebbe essere l’unico su cui il governo dovrebbe eventualmente puntare. E’ la riforma più importante di tutte. Più del premierato, più dell’autonomia. Siamo a due passi dalla Festa dell’ottimismo, ci vediamo tutti a Firenze sabato al Salone dei Cinquecento, e anche per questo siamo portati più che mai a vedere notizie positive. Una sul tema c’è. Due giorni fa, è stato approvato in commissione Affari Costituzionali il testo base sulla separazione delle carriere. Pd e M5s, ovviamente, purtroppo, hanno votato contro. Il centro, per fortuna, ha votato a favore. Strada giusta. Non mollare.
Al direttore - Due amici ebrei, dopo una lunga e bella passeggiata nel parco di Vienna, si siedono su una panchina e tirano fuori dalla tasca un giornale per riposarsi leggendo un po’: uno un quotidiano in yiddish, l’altro l’organo ufficiale del Partito nazista. Il primo ebreo è sbigottito. “Ma come puoi leggere un giornale simile? Sei completamente impazzito?”. “Calma!”, risponde l’amico. “Stai prendendo un granchio. Anch’io leggo i nostri giornali, ma quando li leggo non posso fare a meno di soffrire come un cane: pogrom in Cecoslovacchia, persecuzioni in Ungheria, odi razziali in Polonia, spedizioni punitive in Romania, attacchi arabi in medio oriente… Non ne posso più! Almeno su questo giornale c’è scritto che gli ebrei governano il mondo, che dirigono grandi fabbriche, che hanno in pugno la finanza e che influenzano le decisioni economiche degli stati più potenti; e questo, sai, mi dà una grande gioia!”. Mutatis mutandis, soffrirebbe come un cane anche oggi.
Michele Magno
Al direttore - Il ministro Pichetto Fratin ha il merito di dire parole chiare sulla necessità del ricorso anche all’energia nucleare per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti per l’Italia. Più nebbiosa appare la questione relativa alle tecnologie da adottare. Puntare solo sui reattori di nuova tecnologia, gli Smr e gli Amr, seppure sia – probabilmente – tranquillizzante per l’opinione pubblica, ci fa però correre il rischio di rimandare molto in là l’implementazione dei buoni propositi e in ogni caso di arrivare a disporre di quantità di energia elettrica da fonte nucleare insufficienti. Ci sarebbe forse nel frattempo un modo per mettere parzialmente insieme le due cose. La Francia ha annunciato un vasto programma di realizzazione di nuove centrali nucleari. L’import dalla Francia di energia elettrica ha raggiunto l’anno scorso il suo massimo storico. Ma al contrario dei decenni passati non solo importiamo energia ma dipendiamo dalla Francia anche per l’adeguatezza del nostro sistema, cioè per la capacità di garantire in ogni momento dell’anno la fornitura costante di energia elettrica e di fronteggiare la domanda di punta anche in situazioni critiche (elevate temperature, scarsa produzione idroelettrica). Perché non dare vita a una joint venture italo-francese, contribuendo alle spese in conto capitale di quelle centrali, cioè investendovi, e diventando di fatto partner industriali? In cambio dell’assicurazione di potere contare su quantità di energia e di disponibilità di potenza costanti e della condivisione di capacità tecniche per migliorare la nostra curva d’apprendimento, che ci tornerebbe assai utile. E per non fare torto a nessuno. Perché non fare la stessa cosa, sotto forme diverse, con la Spagna? Anziché il previsto cavo di collegamento elettrico con la Tunisia, che non si capisce a cosa serva, certo non per importare in Sicilia energia elettrica, che già risulterà sovrabbondante in quella regione, vista la grande quantità di solare prevista, realizzare invece un cavo di collegamento con la Spagna per potere importare energia solare ed eolica. Per i poco attenti: la Spagna ha 47 milioni di abitanti con una superficie che è quasi il doppio di quella italiana. Ha vento in quantità maggiore e disponibilità di territorio assai ampia.
Chicco Testa