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Lo sputtanamento è nemico, non alleato, dello stato di diritto

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Avvistato Giuseppe Conte tutto pesto.

Roberto Alatri


  

Al direttore - L’editoriale di ieri sul rischio di “sputtanamento digitale di stato” merita di aprire un dibattito sul modello di tutela dei dati personali in Italia e in Europa, vista l’evidente inadeguatezza delle istituzioni pubbliche a proteggerli non solo dalle violazioni esterne, ma anche dagli abusi originati all’interno della macchina statale. Con l’ennesimo caso di rivelazioni di accessi fraudolenti – esterni e interni al perimetro della Pubblica amministrazione – è ormai conclamato il fallimento delle istituzioni nel garantire i diritti dei cittadini a non vedere violati i propri dati personali. Ma se sono del tutto inutili gli appelli politici all’inasprimento delle pene per gli hacker (specie per quelli esteri, al soldo di interessi geopolitici autoritari) o a rafforzare i controlli centralizzati, temo che anche il vostro appello civico a “tenere le antenne dritte” sia insufficiente, in quanto nessun singolo cittadino ha la possibilità pratica di difendersi da tali minacce, specie se provengono dall’interno stesso dei poteri di stato. La strada per una soluzione strutturale richiede una profonda revisione sia delle architetture tecnologiche sia delle regole istituzionali che presidiano la tutela dei dati personali dei cittadini. E’ quindi necessario ripensare il modello stesso, decentralizzando la custodia dei dati e restituendo ai cittadini, opportunamente sensibilizzati e informati, il controllo sulle proprie informazioni.  Questo modello dovrà prendere la forma di un ecosistema di gestione e tutela dei dati personali, basato su organizzazioni certificate e monitorate a livello europeo, che offrano ai cittadini alternative sicure e affidabili al monopolio statale nazionale. La decentralizzazione non solo ridurrebbe il rischio di abusi e violazioni, ma stimolerebbe la concorrenza tra operatori qualificati, incentivandoli a sviluppare tecnologie di sicurezza sempre più avanzate e a investire in innovazione. Invece di rimanere schiacciati tra l’incudine di un inefficace e inadeguato monopolio statale nazionale e un efficientissimo ma pericoloso oligopolio delle grandi piattaforme digitali statunitensi, i cittadini avrebbero la possibilità di far nascere un mercato regolamentato di attori europei, in grado di generare innovazione e sviluppo laddove invece oggi proliferano attività opache e illegali. Il monopolio statale sulla custodia dei dati personali è una trappola tecnologica e culturale, che non solo espone i cittadini ai rischi di violazioni esterne e abusi interni, ma limita anche la libertà individuale e il diritto di proprietà sui propri dati. La soluzione per proteggere i cittadini non risiede in un ulteriore accentramento del controllo, ma in una decentralizzazione tecnologica e organizzativa che faccia nascere un vero e proprio mercato concorrenziale a livello europeo e che favorisca la responsabilità e la competizione tra operatori certificati. Lo stato sia legislatore essenziale, non colabrodo digitale.

Carlo Alberto Carnevale Maffè

Tutto giusto. Ma l’appello a tenere le antenne dritte, naturalmente, era indirizzato verso l’altro fronte, verso un altro obiettivo. In sintesi: fare tutto il possibile affinché i poteri forti dello sputtanamento, che vivono spesso nelle procure e che si intrufolano nelle vite degli altri con il bollino dello stato, abbiano sempre meno cittadinanza nel nostro paese e vengano trasformati dallo stato, dal governo e dall’opinione pubblica non in alleati utili a mostrare il marcio nella società ma in pericolosi nemici dello stato di diritto, oltre che della nostra libertà.


   

Al direttore - Cantine Riunite & Civ richiede la rettifica delle informazioni riportate nell’articolo intitolato “Innamorato fisso” a firma di Maurizio Milani, pubblicato in data 24 ottobre 2024. Riteniamo che le affermazioni contenute siano false e potenzialmente diffamatorie nei confronti della nostra azienda, con gravi implicazioni sulla nostra reputazione. In particolare, intendiamo richiedere la rettifica per i seguenti motivi: 1. Viene riportata l’affermazione che un individuo si sarebbe presentato a domicilio per riscuotere quote societarie, e l’autore dell’articolo sostiene di essere stato ingannato, pagando una somma rilevante a un truffatore. Questa affermazione, sebbene apparentemente in tono leggero, può indurre i lettori a credere che Cantine Riunite non gestisca in modo adeguato i propri soci, permettendo situazioni di raggiro. 2. Dichiarazioni false attribuite al cdA: si afferma che il Consiglio di amministrazione delle Cantine Riunite avrebbe negato la vicenda, cosa che potrebbe essere interpretata come mancanza di attenzione verso i soci. Non comprendiamo in alcun modo il tono sarcastico dell’articolo e lo riteniamo inappropriato nell’associare il nostro nome a una vicenda non vera che contribuisce, oltretutto, a diffondere una percezione errata tra i lettori, senza il supporto di verifiche o fatti reali. Richiediamo, quindi, che venga rettificato l’articolo precisando che quanto affermato non corrisponde al vero.

Francesca Savazza, Ufficio Legale Cantine Riunite & Civ

Grazie per la smentita, di cui prendiamo atto, che non si capisce però cosa smentisca e che, visto il tono, potrebbe essere stata scritta direttamente da Maurizio Milani, salvo smentita.