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In America è in gioco anche il futuro del conservatorismo nel mondo

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Forse non tutti sanno che il nome Trump deriva dall’italiano “Trionfo”, un gioco di carte antenato della briscola, popolare in Emilia già all’inizio del Cinquecento. Infatti, in inglese come sostantivo significa atout ma anche “aria intestinale”, e in Gran Bretagna viene spesso usato in frasi irripetibili. Poscritto: in questo giorno del giudizio, confidiamo nella clemenza del Signore per la democrazia americana e per il mondo libero.
Michele Magno

Più che nella clemenza dell’Altissimo vale la pena aggrapparsi a una speranza evocata due giorni fa da Bret Stephens sul New York Times. Da anni, i democratici sono sottostimati. Lo sono stati nel 2018, quando hanno vinto alla Camera nel midterm. Lo sono stati nel 2020, quando si sono imposti su Trump. Lo sono stati nel 2021, quando hanno vinto il Senato. Lo sono stati nel 2022, quando si sono nuovamente imposti nel midterm. Ragioni per sperare ci sono. E sperare in una sconfitta di Trump è importante non solo per il futuro dell’America ma anche per il futuro del conservatorismo mondiale. Sentite, sempre sul New York Times, cosa dice, con parole perfette, un altro conservatore come Stephens, David French: “L’unica vera speranza per ripristinare un conservatorismo che valorizzi l’integrità, dimostri vera compassione e difenda i nostri princìpi costituzionali fondamentali non è cercare di trarre il meglio da Trump, un uomo che stima solo se stesso. Se vincesse di nuovo, convaliderebbe la sua crudeltà e la trasformazione ideologica del Partito repubblicano. Se vincesse Harris, l’occidente si opporrebbe ancora a Vladimir Putin e gli americani conservatori avrebbero la possibilità di salvare sé stessi e costruire qualcosa di decente dalle rovine di un partito”.


Al direttore - Sergio Mattarella, rivolgendosi ai giovani italiani nella recente cerimonia dedicata ai nuovi Cavalieri del Lavoro, ha lanciato un messaggio molto significativo: “Ragazzi, prendetevi il futuro”. Le parole del Presidente riportano l’attenzione sulla necessità strategica di investire nelle nuove generazioni e di valorizzare le energie che i giovani sanno esprimere. Ci sono alcuni fattori che possono minacciare gli investimenti sul futuro dei ragazzi, soprattutto nel delicato passaggio tra scuola, università e lavoro. Tuttavia, vi sono anche elementi molto positivi a sostegno di una visione più ottimistica che consentirebbe di interpretare al meglio il forte appello del capo dello stato. I recenti dati Eurostat, da cui emerge che l’Italia è terzultima in Europa per mobilità sociale (il 34 per cento delle persone tra i 25 e i 59 anni oggi in difficoltà finanziaria dichiara che lo era anche a 14 anni, mentre la media europea è del 20 per cento), dicono che c’è una “povertà ereditaria” che blocca l’ascensore sociale ed esclude già in partenza una parte dei cittadini e dei giovani da una crescita professionale e personale compiuta. In questo contesto di incertezza economica e di contenimento della spesa pubblica che si riflette, in questo periodo, anche nella definizione della legge di Bilancio, è sempre più urgente mantenere e potenziare i fondi che consentono ai giovani meno abbienti di accedere a un’adeguata formazione. In tal senso una sempre più forte collaborazione tra istituzioni, università, aziende ed enti no profit attivi sul territorio può consentire di trovare maggiori risorse pur nel complesso contesto attuale. Il modello di gestione dei 57 Collegi universitari di merito, enti no profit, può dare alcune indicazioni utili: il 70 per cento dei 4.500 universitari che vivono e studiano nei Collegi riceve un sostegno economico, anche grazie alla collaborazione con aziende, sostenitori, ministero dell’Università e della Ricerca ed enti come Fondazione Enpam e Inps, che, ad esempio, da solo negli ultimi 10 anni ha garantito oltre 12.000 borse di studio. Ogni giorno, da direttore del Collegio Lucchini di Brescia, ho la fortuna di toccare con mano l’efficacia di questo investimento sui giovani, senza il quale alcuni di essi non avrebbero potuto permettersi percorsi formativi all’altezza delle loro capacità e aspirazioni e iniziare carriere professionali significative. I ragazzi sanno prendersi il futuro, se si dà loro sostegno e piena fiducia. 
Carla Bisleri,  presidente della Conferenza dei Collegi universitari di merito

 


Al direttore - Emergency si è fatta pubblicità, ingannevole, sui giornali riprendendo a sproposito la Carta costituzionale con lo slogan “l’Italia non farà mai più la guerra. La ripudia”. E’ vero che l’art. 11 dice una cosa bellissima, ma non è quella che pensa Emergency: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Una frase bellissima, ma totalmente diversa da quanto scrive un’associazione che dovrebbe rimaneggiare con cura un testo fondamentale come la Costituzione. Un saluto cordiale.
Roberto Alatri
 

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