Lettere al direttore
La storia del “Salva Milano” offre spunti per riflettere e gioire
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Ho letto il pezzo di Maurizio Crippa sulla “Milano litigiosa” di sabato scorso, e i “consigli utili” di Fabio Massa di ieri. Le mando – spero sia un contributo anch’esso utile – una sintesi del mio intervento alla Camera per l’approvazione del cosiddetto “Salva Milano” nel quale ho dovuto spiegare all’onorevole Bonelli, molto critico al riguardo, che non si tratta di una “sanatoria”, perché le sanatorie avvengono quando si è sancito che esiste un reato o una violazione acclarata. In questo momento, a Milano c’è solo un’indagine. Al verde Bonelli ho anche dato una notizia: sono anch’io contro il consumo di suolo. Ho fatto l’assessore all’Urbanistica a Milano dal 1997 al 2001 e mai avrei immaginato di dover discutere, nel 2024, dell’interpretazione di una norma urbanistica del 1942, che fotografava la situazione d’allora. Perché dal 1942 al 2024 l’Italia è cambiata. Anche da un punto di vista normativo ci sono stati tanti passaggi e tante sentenze: ad esempio la riforma costituzionale del 2001 che stabilisce che la pianificazione urbanistica e il governo del territorio è materia concorrente. Ora, per raggiungere l’obiettivo di non consumare suolo c’è un’unica strada: facilitare e agevolare la vita nelle città attraverso il recupero dell’edificato. Mi si dice: vogliamo case che permettano ai giovani di vivere Milano, che invece li espelle con affitti a 2.000 euro e costi di 5.000 euro al metro quadro anche in periferia. Rispondo: dove le costruiamo queste case? Come garantiamo il diritto all’abitazione in città? Vogliamo applicare le norme approvate dal Parlamento su demolizione e ricostruzione? Il problema non è non costruire, ma la debolezza di chi amministra, la debolezza nell’interlocuzione con gli imprenditori. Perché se tu vuoi rimettere in moto una città la forza della politica sta, nella massima trasparenza, nel chiamare le forze vive della città (leggi imprenditori), dirgli gli obiettivi e coinvolgerli nel loro perseguimento. Nessuna speculazione, quando noi abbiamo governato la città di Milano abbiamo emanato un’unica norma: non si rilasciano concessioni edilizie fino a che l’imprenditore privato non ha ritirato le concessioni per la realizzazione delle opere di urbanizzazione. Se veramente vogliamo la qualità della vita nella nostra città, abbiamo una responsabilità comune. Il centrodestra poteva non intervenire in questo caso, perché nella logica politica becera, siccome governa Sala, noi ne approfittavamo: la città è immobilizzata, morta, sfruttiamo la situazione. Ma che concezione della politica è questa? E’ dovere di qualunque classe politica – di destra o di sinistra o di centro – intervenire, perché in gioco c’è il destino del bene comune di una città. Credo che sia questo ciò che nel suo articolo Crippa chiamava “equilibrio”. Ed è quello che abbiamo fatto intervenendo insieme senza pericoli di assorbimento del Pd a destra o viceversa, come qualcuno ha detto.
Maurizio Lupi
La storia di Milano, e del “Salva Milano”, ci offre molti spunti di riflessione. Tre su tutti. Punto numero uno. Andrebbe fatta una statua al sindaco Beppe Sala, che in questi mesi si è battuto in modo coraggioso contro le esondazioni della procura di Milano, per affermare un principio sacrosanto: non si può trasformare l’immobilismo nell’unica forma di legalità consentita. Punto numero due: quando vi è una classe dirigente politica che in modo trasversale sceglie di ribellarsi a quella che reputa essere un’aggressione giudiziaria fondata su tesi vaghe e formalistiche e che cerca di unirsi in nome del primato della politica, bisogna essere felici, esultare e ringraziare. Punto numero tre. Se il centrosinistra fosse stato al governo oggi, insieme con il M5s e l’armata Bonelli-Fratoianni Associati, il centrosinistra non sarebbe riuscito a salvare un comune governato dal centrosinistra dalle esondazioni giudiziarie. Riflettere. E intanto gioire.
Al direttore - Mi piacerebbe chiedere a Pier Luigi Bersani (e al magistrato che ha archiviato l’indagine) se posso usare lo stesso epiteto – da lui rivolto a un generale – nei confronti di due sindacalisti che a mio parere non sono da meno.
Giuliano Cazzola