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Trump e l'Europa? Il realismo, ahimè, prevale sull'ottimismo
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Grillo chiede la riconta e Conte sogna la rimonta.
Michele Magno
Al direttore - Quelle sul finanziamento della sanità pubblica sono polemiche poco oneste, soprattutto quando provengono da Giuseppe Conte che era presidente del Consiglio (con maggioranza giallorossa) quando l’Italia rifiutò di aderire al Mes sanitario rinunciando a un prestito fino a 37 miliardi, praticamente regalato a un tasso dello 0,1 per cento, mentre il Btp Italia 2025 si vendeva a un tasso reale dell’1,40 per cento lordo/annuo (a cui ogni sei mesi sarebbe stata aggiunta l’inflazione) e con un premio fedeltà doppio rispetto al passato (pari all’8 per mille). Roberto Speranza, poi, era ministro della Salute in quel governo.
Giuliano Cazzola
Al direttore - L’arrivo del secondo trumpismo alla Casa Bianca pone stringenti interrogativi inerenti alla politica interna e al ruolo mondiale degli Stati Uniti. C’è però anche una questione di adeguamento strumentale di alcune categorie con le quali abbiamo letto finora la realtà americana, in particolare quelle di populismo e isolazionismo. Sul populismo, ritengo che esso non sia più sufficiente a spiegarci oggi il secondo trumpismo a Washington, che si pone oltre il populismo inteso come rapporto diretto plebiscitario tra un capo e il proprio popolo elettorale, per presentarsi piuttosto quale cornice di significato, strumento e prospettiva cognitivo-interpretativa dell’America e del mondo. Anche il tradizionale isolazionismo non sarà segno dominante del secondo Trump, che è invece organicamente integrato nella globalizzazione e digitalizzazione del mondo, vedasi Elon Musk e la cordata delle grandi imprese high-tech della Silicon Valley che hanno appoggiato il tycoon. Rispetto a un passato anche recente della storia americana, si avverte ora l’impressione che gli Stati Uniti interverranno militarmente non più quando possono, ma soltanto quando devono, senza cadere in un impossibile isolazionismo e soppesando con oculatezza – questo sì – la propria proiezione all’estero.
Alberto Bianchi
Mi piacerebbe essere ottimista come lei, su Trump, ma l’ottimismo trumpiano è una categoria dello spirito che fatico a sentire vicina. Suggerisco la lettura, poco ottimistica ma realistica, del Wall Street Journal, su quello che ci aspetta con Trump, in Europa. “Il disgusto europeo, per Trump, è in parte estetico, ma è anche sostanziale. Di fatto, nei prossimi quattro anni assisteremo quasi certamente a gravi e durature violazioni della cordialità transatlantica, in modi che comprometteranno irreparabilmente l’alleanza che, nonostante tutte le sue tendenze contrastanti, è stata la pietra angolare del progresso della civiltà nel mondo per un secolo”.