Ansa

Lettere

Liliana Segre lasciata sola contro l'“olocausto” della ragione

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - La proiezione a Bologna del film “Liliana” ha scatenato la feccia antisemita sui social. La senatrice Segre, una delle figure più nobili e limpide della comunità ebraica italiana, è stata sommersa da centinaia di insulti infamanti e di epiteti irripetibili. Fin qui, nel silenzio assordante dei vertici delle istituzioni, dei leader politici, degli intellettuali che magari lunedì prossimo nei loro discorsi riproporranno un ipocrita “mai più!”. Hanno ragione Pierluigi Battista e gli amici del blog Inoltre, promotori di un appello a disertare il Giorno della memoria. E’ un rito che non ha più senso. Diciamoci la verità: dopo il 7 ottobre è esploso, non solo in Italia, un neonegazionismo secondo cui gli ebrei, le vittime di ieri di un genocidio spesso considerato falso, sono i veri persecutori di oggi. E oggi, come ieri, secondo i suoi corifei lo stato d’Israele è un’impostura, l’abusivo destinatario di una solidarietà deviata. La sua nascita e la sua esistenza si avvalgono perciò di un’indebita patente di legittimità morale, sono soltanto il frutto della cattiva coscienza dell’occidente. In questo delirio della logica la Shoah diventa un mito, il sionismo l’avatar del complotto giudaico, il governo di Gerusalemme la sua intelligenza e il suo avamposto militare. Tesi aberranti tornate in grande spolvero, complici anche quei cattivi maestri che insegnano ai giovani l’arte di manipolare la storia. Disertiamo il Giorno della memoria, dunque. E, se il presidente della Repubblica, la presidente del Consiglio o un leader di partito come Elly Schlein intendono celebrarlo, lo facciano con un appello che dica un netto e fermo “basta!”. Basta con quel vero e proprio “olocausto” della ragione che è l’antisemitismo odierno, quello che si manifesta apertamente o sotto mentite spoglie; un fenomeno che travia le coscienze, corrompe la cultura, avvelena i pozzi del dibattito pubblico. Se non ora, quando?
Michele Magno

“La sinistra dovrebbe sapere, meglio della destra, cosa significhi ridurre di nuovo ogni ebreo al gruppo a cui appartiene, cancellarlo in quanto individuo” (Edith Bruck, 26 gennaio 2024).


Al direttore - L’11 gennaio, Stefano Cingolani ha scritto: “Non solo Musk. Anche Zuckerberg e Bezos si inginocchiano a Trump. Il nuovo corso del capitalismo americano. L’andazzo di questi ultimi tempi conduce dritti dritti al crony capitalism, il capitalismo clientelare. In Italia lo conosciamo bene. Per molti versi quello che sta accadendo a Musk e alla sua cricca ricorda la metamorfosi dei Condottieri, protagonisti dell’ultima fiammata del capitalismo italiano negli anni 80 che poi sono passati dalla concorrenza alla concessione governativa, dal mercato allo stato, dai maglioncini alle autostrade: Benetton, Berlusconi, De Benedetti”. Per quanto riguarda Carlo De Benedetti, immagino che Cingolani si riferisca alla concessione rilasciata alla Omnitel della Olivetti per una rete di telefonia digitale portatile, licenza rilasciata dal ministro Tatarella, presente Carlo Azeglio Ciampi. Solo che in tal caso “l’ultima fiammata” ha sortito l’effetto opposto da quello lamentato da Cingolani, non dalla concorrenza alla concessione, ma la concessione per creare concorrenza dove c’era monopolio Stet, posseduta dallo stato. E oggi il mercato della telefonia mobile è uno dei più concorrenziali al mondo. Ma anche sugli altri due “condottieri” c’è poi da ridire. Anche i più accaniti antiberlusconiani non possono negare che il Cavaliere abbia introdotto la televisione privata in un paese in cui la televisione era monopolio statale. Quanto ai Benetton, si guadagnarono, con 900 “maglioncini” la concessione di Autostrade per l’Italia in una gara in cui furono gli unici offerenti. Nella ristorazione autostradale diventarono leader mondiali. E quando dopo la tragedia del ponte di Genova, furono obbligati a vendere la concessione, questa non fu messa a gara, ma assegnata alla Cassa depositi e prestiti. Il bravissimo Cingolani se ne faccia una ragione: in Italia è lo stato, appena può, a essere “monopolista”.
Franco Debenedetti

Di più su questi argomenti: