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lettere al direttore

Riascoltare Mattarella su chi vuol cancellare la memoria delle foibe

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Cesare Parodi è il nuovo presidente della Anm. Pur appartenendo a Mi è il procuratore aggiunto di Torino. La magistratura requirente conferma ancora una volta la sua egemonia sull’intera categoria.
Giuliano Cazzola

Le correnti dei magistrati, come dice il bravo Enrico Costa, non sono di destra o di sinistra, progressiste o conservatrici, dialoganti o rigide: “Sono, tutte quante, unite da una sola priorità, ovvero non perdere lo strapotere su nomine e carriere”.

     


  

Al direttore - Alla incisiva e molto efficace trattazione, da parte di Stefano Cingolani sul Foglio di sabato scorso, della nascita e dell’evoluzione di Mediobanca andrebbe aggiunto che molta della fortuna di questo istituto è dovuta al decreto del capo provvisorio dello stato del 1947 che gli conferì la possibilità di operare a breve, come una banca commerciale, oltreché, come già era nella sua possibilità, a medio e lungo termine e ad acquisire partecipazioni. Era una deroga legislativa (di cui non si avvantaggiarono altre tre banche spa) a un cardine della legge bancaria del 1936. Nessun altro istituto operò in questo modo fino al 1993 quando con il Testo unico bancario fu introdotta la banca universale. Perché ricordarlo ora? Innanzitutto perché si tratta di una verità storica e poi,  principalmente, perché quando si critica genericamente la politica non bisogna mai dimenticare che può capitare che le origini del soggetto la cui indipendenza si intende giustamente difendere – ma bisogna vedere come – siano dovute, per non piccola parte, proprio alla politica. La quale magari va bene fin quando sia “pro domo sua”. Ciò naturalmente non sottovaluta il valore eccezionale di Enrico Cuccia e la sicura professionalità degli addetti. 
Angelo De Mattia

   


  

Al direttore - Quando, poco più di dieci anni fa, Simone Cristicchi mise in scena “Magazzino 18” sull’esodo istriano, giuliano e dalmata, Achille Occhetto ammise di essersi commosso, e poi aggiunse: “Ci furono anche molti antifascisti che si ingannarono, perché non capirono fino a che punto si stava vivendo il dramma di un popolo (…), non fummo messi nelle condizioni di vedere che cosa realmente accadeva, di capire il reale dramma che si nascondeva oltre i pretesti ideologici”. E di fronte al fatto che per decenni quel capitolo della nostra storia è rimasto sconosciuto, Occhetto confessò: “Io stesso ho appreso del dramma delle foibe solo dopo la svolta della Bolognina. Prima non ne ero mai venuto a conoscenza. Di fronte a una storia del ’900 segnata dai grandi delitti e dalla conculcazione delle libertà da parte del nazifascismo, probabilmente si è cercato di non vedere, e di non ricercare, qualche cosa che poteva addolorarci”. Parole coraggiose da scolpire nella pietra, e che non sarebbe male sentire riproporre dagli attuali leader della sinistra italiana. 

Luca Rocca

“L’istituzione del Giorno del ricordo, votata a larghissima maggioranza dal Parlamento italiano, ha contribuito a riconnettere alla storia italiana quel capitolo tragico e trascurato, a volte persino colpevolmente rimosso. La memoria storica è un atto di fondamentale importanza per la vita di ogni stato, di ogni comunità. Ogni perdita, ogni sacrificio, ogni ingiustizia devono essere ricordati. Troppo a lungo ‘foiba’ e ‘infoibare’ furono sinonimi di occultamento della storia. La memoria delle vittime deve essere preservata e onorata. Naturalmente – dopo tanti decenni e in condizioni storiche e politiche profondamente mutate – perderebbe il suo valore autentico se fosse asservita alla ripresa di divisioni o di rancori”. Sergio Mattarella ieri: perfetto.