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Foto ANSA
Lettere al direttore
Le idee di AfD sono quelle che portarono l'anno scorso la Lega ad allontanarsi. E oggi?
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - In un dibattito radiofonico col sottoscritto, il responsabile economico della Lega, Alberto Bagnai, ha detto che si riconosce in tutto ciò che dice l’AfD e che i simboli della Ue sugli edifici scolastici costruiti con i fondi comunitari sono “placche infami”. Non sono affermazioni nuove, visto che – in forme uguali o analoghe – sono ripetute con regolarità dal segretario Matteo Salvini. Che però rappresenta la seconda forza della coalizione di centrodestra, in cui invece vi sono europeisti convinti, come il vicepremier (e segretario della terza forza) Antonio Tajani. Esempi analoghi si possono fare nell’altra curva. Fratoianni e Conte hanno posizioni di politica estera diametralmente (non marginalmente) opposte a quelle di Lorenzo Guerini e di gran parte del Pd. La domanda è sempre la stessa: ma siamo davvero sicuri che questo modo di organizzare il sistema politico italiano (e cioè due coalizioni-contenitore con dentro tutto e il suo contrario) sia quello più efficiente per il funzionamento della democrazia e più efficace per la conduzione dell’attività di governo? Non sarebbe più onesto lasciare che le forze politiche si presentino da sole agli italiani (con un proporzionale puro o con un maggioritario a doppio turno) in modo da pesarle autonomamente – con la loro identità – tramite il giudizio del popolo sovrano? In un caso (il proporzionale) poi si farebbero accordi trasparenti e “pesati” dal giudizio degli italiani. Nell’altro (il doppio turno), dopo aver votato al primo turno il partito più vicino, al secondo gli elettori voterebbero il partito meno lontano.
Luigi Marattin
Tema legittimo. Così come dovrebbe essere legittimo porsi un altro tema. Un anno fa, Matteo Salvini, insieme con i suoi ex compagni di avventura del gruppo europeo di cui faceva parte, Identità e democrazia, scelse di allontanarsi da AfD. Lo fece dopo un’intervista in cui un esponente di spicco di AfD, l’eurodeputato Maximilian Krah, disse la seguente frase: “Non dirò mai che chi aveva una uniforme delle SS era automaticamente un criminale”. Le posizioni dell’AfD sono sempre le stesse, le stesse che hanno portato un anno fa la Lega ad allontanarsi dall’estremismo neonazista tedesco. Se la Lega tornerà ad avvicinarsi all’AfD lo farà non perché è cambiata l’AfD ma perché ancora una volta è cambiata la Lega. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano i famosi campioni della teorica e molto presunta Lega moderata.
Al direttore - A me sembra che sull’aumento delle spese militari richiesto dalla Nato e sulla possibilità di finanziarlo in deficit vi sia molta confusione, voluta o involontaria. Vorrei esporle le mie opinioni in argomento (che sono quelle di un economista molto legato all’eredità del pensiero di John Maynard Keynes, il quale, tra l’altro, pubblicò nel 1940 un saggio che meriterebbe di essere riletto oggi intitolato “How to Pay for the War”, cioè, come pagare il costo della guerra). Le riassumo nei punti seguenti: 1. E’ mia ferma convinzione che il ricorso ai deficit pubblici sia lecito solo in via eccezionale. Essi possono essere necessari quando la domanda è così depressa che non c’è altro modo di risollevarla. Ma anche in questi casi è bene che le spese così finanziate siano spese produttive, cioè investimenti in grado di stimolare la crescita futura del reddito nazionale e quindi di alleggerire l’onere che va sulle generazioni successive. 2. Se c’è una categoria di spese da non finanziare in deficit, queste sono le spese militari. Le spese militari sono spese di consumo e non è mai opportuno indebitare un paese per finanziare delle spese di consumo. 3. Se si ritiene indispensabile aumentare la spesa militare – e io penso che per i paesi europei sia impossibile oggi sottrarsi a questa necessità – allora bisogna aumentare il prelievo fiscale o tagliare altre spese correnti. A questo non si sfugge. Si possono scaricare sulle future generazioni le spese produttive. Quelle improduttive, come le spese militari, o le si paga per cassa o le si paga attraverso l’inflazione che è una tassa vera e propria ed è particolarmente iniqua. 4. All’offerta “generosa” della signora von der Leyen di togliere dai vincoli del Patto di stabilità le spese militari, bisogna rispondere di no. Un paese fortemente indebitato paga tassi più alti e rischia una crisi del debito pubblico, specialmente in momenti di grave disordine internazionale come questo. Il rischio non si attenua se una parte del maggior debito viene dalle spese militari. Parafrasando una nota poesia, per i mercati finanziari un debito è un debito è un debito. 5. Se l’Europa pensa che sia inevitabile che una parte della aumentata spesa militare sia fatta in deficit, allora si faccia un debito europeo per armare un esercito europeo. Questo oltretutto aiuterebbe a ridurre la dispersione delle spese militari dei paesi europei su decine di prodotti diversi spesso fra loro incompatibili. 6. Naturalmente, i governi sanno che è molto impopolare aumentare le tasse o ridurre altre spese per finanziare la spesa militare, e quindi cercano di aggirare il problema. Ma nel tentativo di eludere il problema, rischiano di far pagare al paese le conseguenze. E questo non è giusto.
Giorgio La Malfa