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lettere al direttore
Europeisti timidi, se di fronte alle minacce non reagite, avete già perso
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Un meteorite di proporzioni gigantesche spedito da oltre Atlantico è caduto nel cortile di casa provocando una voragine che rischia di far crollare l’intero edificio. L’edificio si chiama Italia, Europa, occidente. Ma cominciamo da casa nostra. Potrebbe essere questa l’occasione per Giorgia Meloni per fare un passo decisivo e diventare una statista e non solo una leader di partito capo di un governo di parte e per Elly Schlein per diventare una leader e non solo un’attivista un po’ scomposta. Per fare questo dovrebbero ambedue fare una cosa semplice che i grandi leader italiani del passato, di destra, di centro e di sinistra avevano sempre presente. Mettere al primo posto l’interesse nazionale e oggi europeo. Smetterla di litigare sulle borsette della Santanchè di cui non importa niente a nessuna persona seria e aprire un dialogo pacato e che sappia guardare agli interessi di lungo periodo del nostro paese. Guido Crosetto mi pare abbia posto questo tema, l’individuazione dell’interesse nazionale, per quanto riguarda il tema della difesa, che non è oggi una questione fra le tante, ma il pilastro di una nuova identità italiana ed europea. Altri, Pina Picierno e Paolo Gentiloni fra gli altri, lo hanno fatto a sinistra. Meloni e Schlein, ciascuno a suo modo – voglio essere ottimista – mi sembrano cercare una strada equilibrata per affrontare la questione. Certo, con accenti diversi. Ma si può chiedere ad ambedue di non usare la questione per alzare ulteriori muri e lanciare accuse giusto per raccattare qualche consenso di giornata? C’era un’espressione nella politica della Prima Repubblica che andrebbe riesumata. Solidarietà nazionale. Una postura da assumere quando le cose si fanno veramente gravi e i rischi altissimi. Se non ora quando? Le tifoserie forse dissentirebbero ma il paese applaudirebbe.
Chicco Testa
Al direttore - Sarà una sindrome berlinese, ma vedendo come si sviluppa il “dibattito” in Italia, mi viene da pensare che non a tutti è chiaro che siamo a una sorta di nuovo ’89. Un cambiamento profondo, una svolta, che comporta molte conseguenze. Se vogliamo guardare oltre l’Europa, leggiamo cosa dicono in questi giorni i canadesi, i più leali, i più vicini agli Usa. Cosa temono in Romania, o nei paesi baltici. Se poi i principali attori della sicurezza europea per come è oggi – Francia Regno Unito e, in parte minore per gli aspetti militari, Germania – in questi giorni, in queste ore, stanno prendendo orientamenti senza precedenti, noi non possiamo esitare, chiuderci in una discussione a tratti surreale, arrampicandosi in distinzioni tra difesa europea e ruolo degli eserciti nazionali. Non possiamo nasconderci dietro la parola Europa. Non può farlo la sinistra italiana (o ciò che oggi c’è), anche ripensando ai suoi contorcimenti nell’89. Perché appunto oggi torniamo in qualche modo a un nuovo ‘89 – di segno diverso, oscuro, drammatico. Le nostre democrazie sono in pericolo. Il contropiede della storia del Secolo breve. Nel suo piccolo, un partito che si chiama Democratico deve svolgere la sua funzione nazionale ed europea. Nel 1989 persone di straordinaria generosità si trovarono smarrite, molte (troppe) rimasero convinte che non si doveva aprire una nuova, incerta, stagione. Sbagliavano. Io però non potrò mai volergliene – mi riferisco ai semplici militanti, ai tanti che non pensavano a un interesse personale. Però sono contento di aver seguito chi considerava indispensabile mostrare di essere all’altezza del cambiamento. Quindi, bene sottolineare oggi la dimensione europea. Bene dire che va difeso il welfare. Ma questo è un tempo nuovo. E la difesa della democrazia e della coesione sociale passa soprattutto per l’autonomia europea. Per nuove tecnologie, nuove infrastrutture, nuove armi. Passa per rafforzare ciò che abbiamo, condizione indispensabile per entrare nel nuovo mondo. Da europei. Fu perso molto tempo allora, dopo l’89, per la assoluta confusione sul senso della nuova stagione. Sarebbe utile imparare da quegli errori.
Franco Martini
Difendere l’Europa oggi significa difenderla anche da chi non capisce chi sono i nemici che la vogliono indebolire. Facile no? Come dice Macron, chi è solo timidamente europeista ha già perso, e ha già deciso da che parte stare. Dalla parte di chi, di fronte alle minacce, sceglie di stare a guardare, di non reagire, di farsi soffocare.
Al direttore - Nel discorso alla Nazione il presidente Macron ha sottolineato la necessità di una maggiore autonomia europea in materia di Difesa, proponendo altresì di estendere la deterrenza nucleare della Francia per proteggere gli alleati europei. Tuttavia in questo modo la Francia si troverebbe in una posizione di forza rispetto agli altri paesi europei. La proposta francese potrebbe essere meglio digerita dagli altri partner europei se venisse accompagnata dalla disponibilità della Francia a cedere alla Ue il proprio seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Cordiali saluti
Paolo Todeschini
Ottima idea.