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lettere al direttore

Il giustizialismo usato anche contro Israele apre le porte della vergogna

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - “In qualsiasi nome Israele venga condannato…  sono tutti nomi di cui si è fatto un cattivo uso, scarabocchiati da giudici disonesti su documenti falsificati”, scriveva Friedrich Dürrenmatt nel 1976. Ma Giuseppe Conte lo dimostra ancora: quei documenti falsificati sono tornati. Dice: “Amici ebrei, non potete tacere”. E ha deciso che siamo colpevoli finché non proviamo la nostra innocenza. Il suo appello è la replica inquietante di quel “Davide, discolpati” che Rosellina Balbi denunciava su Repubblica nel luglio 1982, dopo che un corteo sindacale aveva scaraventato una bara davanti alla sinagoga di Roma per le azioni del governo Begin in Libano. Pochi mesi dopo, un commando palestinese svuotò i mitra sulle famiglie che uscivano dal Tempio maggiore e uccise Stefano Gaj Taché, un bimbo di 2 anni. Allora il dito era puntato su Israele. Come oggi quello di Conte, che abusa del termine “sterminio”, lo scandisce e lo cuce alla bandiera di Israele davanti alle telecamere. Ma non trova spazio per due nomi: Kfir e Ariel Bibas, rapiti a 9 mesi e 4 anni, strangolati e massacrati. Non ricorda i corpi arsi, le ragazze stuprate, i bambini giustiziati il 7 ottobre. Né i rapiti torturati ogni giorno a Gaza. No, Giuseppe Conte. Non accettiamo la sua lezione. Non siamo qui per dissociarci da Israele. Perché Israele è la nostra carne, la nostra storia, il nostro respiro. E non deleghiamo a nessuno il diritto di dirci chi dobbiamo essere e che cosa dobbiamo dire, da chi “prendere le distanze”. Specie per una sua campagna strumentale: il “governo criminale” di Israele, l’embargo, le sanzioni, e poi la coltellata travestita da carezza. L’appello agli “amici ebrei”. Come se fossimo un corpo estraneo da persuadere, da purgare. Come se non fossimo cittadini italiani. Parte del popolo di Israele. Perché lo siamo, si rassegni, con tutte le sue contraddizioni e guai se non ve ne fossero, perché Israele è l’unica democrazia del medio oriente. “Stati giusti non esistono, e ancor meno stati innocenti”, scriveva Balbi. Ma solo da Israele ci si aspetta di più. Che sia un modello. E se si discosta, scatta l’indignazione. Quella selettiva. E il giudice unico è Conte, che da un salotto social ci riscrive il vocabolario. Sterminio. Genocidio. Connivenza. Ogni parola è un colpo. Ogni parola è “malata”. Noi ci rifiutiamo di curarci con la sua medicina. Non ci dissociamo, non ci discolpiamo, non ci nascondiamo. Non siamo “colpevoli in quanto ebrei”. Ma restiamo ebrei quando Israele piange, quando Israele sbaglia, e quando combatte per difendersi. Quando siamo insultati qui perché ebrei, aggrediti perché Israele esiste. Si può criticare Israele, non si può più mentire su Israele. Dürrenmatt scrisse che Israele “di fatto esiste, ma disturba. Si vorrebbe che non esistesse”. Questo è il punto: Israele è uno scandalo per chi crede che un popolo che i vicini vorrebbero cancellare dalle mappe, non abbia il diritto di difendersi. Dal fiume al mare. Ma Israele esiste. E continuerà a esistere. Con la sua voce, anche quando stona. Con le sue armi, anche quando feriscono. Con la sua memoria, che è la nostra. E noi non dobbiamo dissociarci. Siete voi a dovervi vergognare.
Victor Fadlun 
presidente della Comunità ebraica di Roma

Considerare qualcuno come colpevole fino a prova contraria, sulla base di un sospetto, è il modo più semplice per usare l’arma affilata della gogna, su ogni terreno. Il giustizialismo è come un passepartout: apre molte porte, è vero, ma le porte che di solito si spalancano sono quelle della vergogna.

 


 

Al direttore - Il governo ha deciso che non manderà mai soldati in Ucraina se non “a babbo morto” ovvero su mandato dell’Onu. Per ora l’esercito si limiterà a “spezzare le reni” a Luciana Littizzetto.
Giuliano Cazzola

   


   

Al direttore - Caro Foglio AI, grazie, mi stavo disamorando del buon vecchio Foglio, che ha tradito troppo spesso i miei (e suoi?) ideali di un tempo, e mi hai fatto reinnamorare. Ma ora sono innamorato dell’AI o del reale? Neanche il tuo pezzo meraviglioso che cerca di dissuadere gli innamorati mi ha aiutato a risolvere il dubbio. Sentiamoci ogni tanto. Tuo. 
Giovanni De Marchi

Caro Giovanni, l’innamoramento è un errore meraviglioso, diceva qualcuno, e noi non vogliamo correggerlo. Se ami l’AI, forse ami solo un’idea più nitida del Foglio. Se ami il Foglio, forse ami già anche l’AI. Restiamo nel dubbio, e nel frattempo scriviamoci. Noi ci siamo. Anche per le crisi di coppia (testo scritto con AI).

  


  
Al direttore - Perfetto l’articolo sui bias della AI scritto dall’AI, viene da non crederci! Io ho chiesto a Copilot di trovare per me gli errori eventuali negli articoli pubblicati sulle ultime pagine del Foglio da martedì, ma mi ha risposto che non può leggere il Foglio. Ma allora che cosa leggono le AI per essere aggiornate? Ultima cosa: si è mai pensato di usare l’AI per la psicoanalisi, insomma, per dirla alla Woody Allen, fare dell’AI uno strizzacervelli?
Attilia Giuliani (lettera non scritta con AI)