Lettere

Brutte storie che sembran false ma sono vere da Gaza e da Hamas

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Il ventiduenne Odai al Rubai, uno dei leader del movimento di protesta contro Hamas a Gaza, è stato rapito, torturato e poi ucciso. Il suo corpo è stato abbandonato davanti alla casa della sua famiglia con un messaggio agghiacciante: “Questo è il prezzo per coloro che criticano Hamas”. L’orribile delitto ha provocato un’ondata di sdegno nei campus americani e nelle università italiane. Amnesty, Unrwa e decine di organizzazioni dei diritti umani lo hanno condannato con grande fermezza, esprimendo forte solidarietà ai manifestanti. Il segretario generale dell’Onu, António Guterres (quello del baciamano a Putin), ha convocato immediatamente il Consiglio di sicurezza. Il brutale episodio è stato largamente commentato dai media nazionali e ha suscitato viva costernazione negli ambienti vaticani. Giovanna Botteri è perplessa. Laura Boldrini non ci crede. Per la redazione del Fatto quotidiano è una balla. Tomaso Montanari invoca la pace (come al solito). Elly Schlein tace (come al solito). Giuseppe Conte dice stop alle armi (come al solito). Tutti fischiettano, insomma, davanti a quel movimento di protesta e al suo significato. Che è chiaro: i palestinesi che non beneficiano degli aiuti umanitari rubati con la forza dai terroristi, non ne possono più di Hamas. Poscritto: resoconto finto, ma non falso.

Michele Magno


Altra storia interessante. Una recente causa legale intentata presso il Tribunale del distretto Sud di New York accusa diversi gruppi di attivisti anti Israele negli Stati Uniti, tra cui Columbia University Apartheid Divest (Cuad) e Within Our Lifetime (Wol), di aver avuto conoscenza anticipata dell’attacco del 7 ottobre condotto da Hamas. La denuncia, presentata da famiglie delle vittime dell’attacco, sostiene che questi gruppi abbiano coordinato attività di propaganda e proteste in sincronia con l’operazione militare di Hamas, fornendo supporto materiale alle organizzazioni terroristiche.  Secondo l’accusa, Columbia Students for Justice in Palestine (Sjp) avrebbe riattivato il proprio account Instagram, dopo mesi di inattività, appena tre minuti prima dell’inizio dell’attacco del 7 ottobre, annunciando una riunione e invitando i sostenitori a “rimanere sintonizzati”. Inoltre, 83 sezioni di Sjp, inclusa quella della Columbia, avrebbero firmato e diffuso una dichiarazione di supporto a Hamas alla mezzanotte dello stesso giorno, suggerendo una preparazione precedente agli eventi. La causa cita anche dichiarazioni di ex ostaggi, come Shlomi Ziv, che affermano che i loro carcerieri di Hamas si vantavano di avere operativi nelle università americane e mostravano fotografie di proteste organizzate dai gruppi accusati. Si sostiene che questi gruppi abbiano agito come ala pubblicitaria di Hamas, rispondendo direttamente agli appelli dell’organizzazione terroristica per una mobilitazione globale e diffondendo materiali propagandistici a sostegno delle loro azioni. La denuncia richiede danni compensativi e punitivi per il presunto coordinamento con Hamas e il supporto fornito attraverso strategie di “terrorismo tramite propaganda”. Poscritto: sarebbe bello fosse una storia finta, ma purtroppo in questa storia potrebbe non esserci nulla di falso. 



Al direttore - Che Gian Carlo Caselli non ami particolarmente il ministro Carlo Nordio, soprattutto per la sua determinazione nel portare avanti la separazione delle carriere dei magistrati, è cosa risaputa. Ma un limite alle critiche dovrebbe pur porselo. Commentando le parole pronunciate dal Guardasigilli durante la discussione sulla mozione di sfiducia, infatti, l’ex procuratore di Palermo scrive sulla Stampa: “Il ministro doveva essere piuttosto preoccupato, perché alla fine dei lavori si è lasciato andare a considerazioni che avrebbe fatto molto meglio a tralasciare. In particolare ha pronunciato, con tono perentorio, parole come: ‘Noi non vacilleremo e non arretreremo. Noi andremo avanti inesorabili. Voi fate il vostro peggio che noi faremo il nostro meglio’”, è il commento finale di Caselli. Ecco, da un ex procuratore che, nonostante alcuni seri “infortuni” (il processo Andreotti, per dirne uno), può vantare indiscutibili successi nella sua carriera, ci saremmo aspettati una maggiore capacita di invecchiare bene. Ma, come diceva Eugenio Montale a proposito del vino, “invecchiando dicono che migliori, ma non tutti i vini migliorano, alcuni inacidiscono”. E non solo i vini.

Luca Rocca
 

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