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Lettere
Rispondere a Trump. I dazi passano, un'Europa più attrattiva resta
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Il Conclave è un evento straordinario. L’unico al mondo in cui la sinistra parta in maggioranza.
Antonio Polito
Al direttore - “Quando grande è la confusione sotto il cielo – diceva Mao – la situazione è eccellente”. Ma quando la confusione diventa grandissima, e nulla nel sistema economico è più prevedibile, la situazione rischia di farsi disastrosa. Che il presidente Trump, con la sua politica economica, si atteggi a squilibrato – celando forse un sofisticato disegno per ridurre il debito pubblico americano – o che squilibrato lo sia davvero, poco cambia: tutti gli attori economici si ritrovano nell’impossibilità di pianificare investimenti e spese, paralizzandosi e deprimendo l’economia. L’incertezza sui prezzi di qualsiasi bene, sia esso strumentale o di consumo, anche solo a poche settimane di distanza, induce infatti a rinviare ogni decisione. Ora, è certamente vero che l’Iva non è un dazio all’importazione, essendo applicata a tutti gli operatori, interni ed esteri. Ma è altrettanto vero che un dazio è una tassa che – a differenza dell’Iva, che grava solo sul consumatore finale – colpisce l’intera filiera commerciale. I dazi, dunque, proteggono i sistemi produttivi dei paesi che li impongono e i loro lavoratori, ma penalizzano tutti i consumatori, che si vedono sottrarre la possibilità di acquistare beni a prezzi più accessibili. E’ esattamente ciò che è accaduto in Europa nel 2024 con i dazi sulle automobili elettriche cinesi: per tutelare alcuni produttori europei (di certo non quelli tedeschi!), spesso poco efficienti, si è negata ai cittadini europei la possibilità di acquistare prodotti di buona qualità a basso prezzo. Che poi gli Stati Uniti, ormai largamente terziarizzati e vicini alla piena occupazione, riescano a reperire manodopera manifatturiera qualificata e a basso costo per riportare in patria produzioni da tempo delocalizzate, appare estremamente improbabile. In questa enorme confusione sotto il cielo, solo i più bravi, duri e determinati avranno – forse – qualcosa da guadagnare.
Stefano Possati, imprenditore
Trump avrebbe voluto fare molto male all’Europa. Ma involontariamente potrebbe essere la fortuna dell’Europa. Sempre che in Europa ci sia qualcuno disposto a cogliere la sfida: trasformare la minaccia trumpiana in un’occasione per rendere l’Europa più attrattiva. I dazi possono passare, l’efficienza può restare. No?
Al direttore - Chiede il Corriere della Sera a Massimo D’Alema se quando ha incontrato Papa Francesco ha avuto la sensazione di essergli stato simpatico. “Questo non lo so”, è la risposta dell’ex premier. Va bene credere ai miracoli, soprattutto quando di mezzo c’è un Sommo Pontefice, ma c’è un limite a tutto.
Luca Rocca
Al direttore - Se mi fosse chiesto di fare un paragone tra i papi e i segretari della Cgil che ho conosciuto, metterei Francesco insieme ad Antonio Pizzinato.
Giuliano Cazzola
Al direttore - La politica di centro, più che non un indistinto Centro, decolla solo se c’è una precisa volontà da parte di tutti coloro che non praticano la radicalizzazione della lotta politica nel nostro paese. Tema, quest’ultimo, molto caro ai populisti, ai radical/massimalisti e agli estremisti. E’ necessario, invece, mettere in campo una iniziativa che, pur senza mettere ancora in discussione i rispettivi schieramenti, sappia far emergere quella “cultura di governo” e, al contempo, quella “cultura della mediazione” che sono e restano i due capisaldi essenziali e decisivi che qualificano quella che comunemente viene chiamata “politica di centro”. Dove, tra l’altro, non c’è nulla da inventare perché fa parte quasi di diritto della storica cultura di governo interpretata e declinata per quasi 50 anni nella vita democratica del nostro paese dalla Democrazia cristiana. “Il partito italiano per eccellenza”, come è stato definito dallo storico cattolico Agostino Giovagnoli. Ora, per essere ancora più chiari ed espliciti, si tratta di rafforzare e consolidare il profilo politico, culturale, programmatico e di governo di partiti come Forza Italia e come Azione che oggi rappresentano autenticamente nel nostro paese quella “politica di centro” che era e resta realisticamente percorribile. E che trova, per fortuna, una sponda autorevole e qualificata nel concreto comportamento dell’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ecco perché, se si vuole centrare questo obiettivo, oggi non servono affatto i cosiddetti “federatori” o aspiranti tali. Quando è la politica che deve ritornare protagonista, e con la politica i suoi strumenti costitutivi – cioè i partiti – e i relativi progetti, i condottieri solitari a cui viene appaltato il tutto sono perfettamente inutili nonché dannosi. E questo perché una ricetta politica e progettuale centrista, riformista e di governo non si nutre di partiti personali o di “salvatori della patria” ma solo e soltanto di cultura politica. Una cultura politica che dopo la deriva populista, demagogica e qualunquista adesso deve imporsi per la sua autorevolezza e per la sua qualità. Che prescinde dalle autoinvestiture a federare qualcosa.
Giorgio Merlo