
Uomini contro la storia
Il Mulino, 129 pp., 12 euro
La Storia ha una sua linea vincente, che s’afferma sempre più con il passare del tempo, alla quale molti si sono opposti e s’oppongono: contadini, operai, monaci, nobili, borghesi”. E’ partendo da questa convinzione che Vito Fumagalli (1938-1997), autore di fortunati saggi su mentalità, modi di vita e ambiente del Medioevo, ha scritto venti anni fa “Uomini contro la storia”. Si tratta di un saggio su quegli uomini e quelle donne che “hanno ‘corretto’ la Storia, opponendo freni e limiti alle idee e alle istituzioni dominanti, vincitrici”. L’autore, pur attingendo a documenti storici “di confine”, non indugia nell’aneddotica dello strano-ma-vero. Ricostruisce innanzitutto un contesto, quello dell’Alto Medioevo, caratterizzato dalla “mancanza di una profonda comprensione e di una collocazione su un piano di valori più alto, nella cultura del tempo, delle attività rustiche e artigianali”, mancanza che “impediva la presa di coscienza dei problemi a esse legati e nello stesso tempo vietava ai chierici e ai nobili quella capacità economica” che sarà soltanto poi della borghesia. Di “sommovimenti servili”, nell’Alto Medioevo, ci sono poche tracce; anche la patina pauperista di alcuni movimenti ereticali dell’XI-XIII secolo, per l’autore, va considerata cum grano salis: “La povertà invocata da chierici e da laici per se stessi, oltre che, naturalmente, per gli ecclesiastici arricchiti, rivela l’origine ‘aristocratica’ di ogni eresia di quell’epoca”. Dal ’200, in Italia, il ritmo della costruzione di nuove ville a uso e consumo della borghesia cresce fino a dominare sulla superficie coperta fino ad allora da castelli e fortezze. Aumenta dunque l’attenzione per l’attività economica e il guadagno, ma non quella per le condizioni del popolino. E’ solo dopo aver descritto questa evoluzione generale, ricorrendo a originali e godibili fonti “micro” come la “Vita di Geraldo” redatta da Oddone di Cluny, che Fumagalli sposta il fuoco dell’analisi sui fenomeni “contro”, come la rivolta dei Ciompi a Firenze nel 1378. Un tumulto che l’autore non giudica isolato, quanto prova del fatto che “in Italia l’evoluzione precoce dell’economia urbana provocò grandi rivolte di salariati nella seconda metà del Trecento, mentre quelle contadine di un certo rilievo da noi conosciute datano solo dagli inizi del ’500. Ben diversamente, in Francia e in Inghilterra le prime sommosse furono contadine”. E se è “ideologica” la scelta di Fumagalli di concentrarsi sugli “uomini contro la storia”, ciò non impedisce allo studioso serio di analizzare le conseguenze non intenzionali della rivolta dei Ciompi, come la stretta oligarchica che ne conseguì a Firenze e non solo lì.
UOMINI CONTRO LA STORIA
Vito Fumagalli
Il Mulino, 129 pp., 12 euro

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