Le thermalisme romain en Italie

Alessandro Giuli
Marie Guérin-Beauvois
Ecole Française de Rome, 519 pp., 55 euro

Che cosa s’intende per termalismo, e perché nel mondo antico greco-romano non esisteva nemmeno un termine specifico per indicare quella che i moderni oggi riducono a prassi medico-sanitaria di marginale importanza? A questa e ad altre più importanti domande risponde il magistrale lavoro di Marie Guérin-Beauvois, docente di Lettere e Civiltà antiche all’Università di Provenza e membro anziano della rinomata Scuola francese di Roma. Se il perimetro scelto dalla studiosa è il mondo romano nei primi due secoli dell’impero, il punto di partenza è più lontano e affonda in un’età arcaica nella quale alle acque venivano assegnate virtù cosmogoniche (omnium rerum principium aqua est, diceva Vitruvio arieggiando Talete), rigeneratrici, sanitarie e inevitabilmente sacrali, poste com’erano sotto la tutela di una larga varietà di Ninfe. Ben prima che la medicina pre e post ippocratica procedesse al censimento e alla catalogazione delle diverse aquae – calde, fredde, dolci, salate, stagnanti, correnti, leggere, pesanti, pure, torbide, sulfuree, bituminose ecc. – l’intuito pratico delle civiltà pastorali italiche e la speculazione filosofico-sapienziale ellenica avevano colto in ogni fonte l’azione di forze “numinose”, presenze più-che umane delle quali era possibile giovarsi in cambio di contropartite devozionali (in genere offerte naturali o ex voto). Istruita da una consolidata tradizione salutifera fondata sulla prevenzione idroterapica, Roma fece del termalismo un immenso edificio culturale in cui esigenze igieniche (legate alla presenza di accampamenti militari e alla crescente antropizzazione cittadina), sanitarie e cultuali potevano fondersi in grandiosi complessi architettonici. Dalla fine della Repubblica in poi, il soggiorno frequente degli imperatori e dei loro ottimati avrebbe poi favorito la nascita di cittadelle termali (quella di Baia è la più famosa) elette a dimora per lussuose villeggiature centrate sulla disciplina dell’otium.
Le fonti letterarie e le numerosissime evidenze archeologico-epigrafiche testimoniano di una visione armonica in base alla quale la Salus (divinità astratta e perciò antichissima, precedente addirittura ai culti antropomorfici di Esculapio e Igea) era concepita come uno stato dell’essere, un complesso di energie viventi mantenute in equilibrio mediante accorgimenti dietetici e idroterapici (compresa la talassoterapia), ovvero con l’utilizzo di vapori e fanghi derivati da fenomeni di vulcanesimo secondario.
Dal punto di vista geomorfologico, l’Italia appare anche solo a uno sguardo di superficie come una zona assai privilegiata, in modo speciale lungo la dorsale che dall’Etruria centrale passa per il Lazio e s’affaccia sul litorale campano. Maestri delle acque, in effetti, furono i Tirreni progenitori delle stirpi italiche, e propagatori di salubrità furono i Romani, capaci di esportare una autentica civiltà delle acque attraverso acquedotti e stabilimenti termali non soltanto domestici.
Marie Guérin-Beauvois oggi ci restituisce un densissimo quadro d’insieme, enumerando l’ubicazione, la qualità e la destinazione sacrale delle più importanti sorgenti, senza trascurare le ricadute socio-economiche di una pratica termale la cui origine era e resta essenzialmente religiosa. L’esiguo ma suggestivo apparato iconografico (quattordici tavole fuori testo, oltre alle numerose illustrazioni) ci avvicina a un clima “psichico” elementare, nel quale l’interazione tra l’uomo e l’ambiente è ritmata da conoscenze che rinviano al sovrasensibile anche lì dove sono canonizzate in trattati medici a vocazione scientifica. Dal ventre materno a quello di Tellus, l’acqua accompagna il fluire delle generazioni senza nulla chiedere in cambio, se non rispetto.

 

LE THERMALISME ROMAIN EN ITALIE
Marie Guérin-Beauvois
Ecole Française de Rome, 519 pp., 55 euro

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