Clockers
Neri Pozza, 444 pp., 18 euro
Alla periferia della periferia d’America, nei quartieri dove la tristezza dura chilometri interi, “futuro” è una parola che non ha alcun significato. Per le strade bambini piccoli giocano a fare gli spacciatori, clockers, come vengono chiamati da quelle parti. Strike ha poco più di vent’anni e un’ulcera perforata dalla nausea e dal dispiacere: è il capo di tutti i clockers della zona e passa le sue giornate a controllarne i movimenti seduto su una panchina solitaria. Non ha altri posti in cui andare. Se avesse potuto scegliere…, però non ha potuto. “Cos’altro vuoi che possa fare un nero nato povero in un quartiere povero?”. Ha provato a spiegarlo a sua madre, lei però non ha capito. Adesso lo guarda da lontano e prega per lui. Quando i poliziotti gli chiedono se lui è proprio il Roland Dunham che stanno cercando, Strike – anche solo per un secondo – vorrebbe rispondere che no, lui con quel delinquente non ha niente a che fare. Un giorno il suo capo Rodney, un uomo che ha imparato a leggere e scrivere in carcere, gli ordina di ammazzare Darryl Adams, spacciatore come lui. Strike non ha il coraggio di uccidere un disgraziato e a quel punto il dolore allo stomaco diventa insopportabile. Una notte vengono sparati quattro colpi di pistola e Darryl Adams si accascia per terra. “Tutto finisce sempre con una chiazza sul marciapiede, la sola prova che quella gente fosse mai esistita”. Un poliziotto in borghese, attento a non sporcarsi di sangue la cravatta, commenta dicendo che “un altro cioccolatino si è sciolto”, come se un nero che muore fosse una specie di scherzo. Per l’ennesima volta la polizia indaga controvoglia e non vede l’ora di finire il proprio turno. Qui la gente crepa in ogni momento e la maggior parte delle volte se l’è cercata: “Vuole sapere come la penso io? Io credo nella punizione, credo nella paura, e credo nella vendetta”, dice l’agente Mazzilli al suo collega della sezione omicidi, Rocco Klein. La pietà è un sentimento di cui nessuno sa cosa farsene in posti come quello: i bambini salvati per strada, se vivranno abbastanza a lungo, diventeranno anche loro dei pezzi di merda. Succede sempre così. Touhey, un attore che segue i due agenti di polizia per studiare la parte del suo prossimo film, si ubriaca per dimenticare tutto ciò che vede durante il giorno. Pochi giorni dopo, in una chiesa sul cui pulpito si legge che “Cristo è sempre la risposta”, Victor Dunham, il fratello buono di Strike, confessa di essere stato lui a uccidere Darryl. Sono trent’anni di carcere: la madre comincia a pregare anche per questo figlio e ogni cosa intorno a quei palazzoni pieni di disgraziati sembra essere sul punto di crollare, ma forse in realtà non era mai esistito niente se non disperazione e violenza.
Chissà che fine farà Tyrone, il ragazzino che ha cominciato a seguire Strike ovunque andasse senza mai rivolgergli la parola. Tyrone sa come usare una pistola e non ha mai detto grazie in vita sua: non ne ha avuto l’opportunità. Strike comincia a volergli bene, questo però non basta: un giorno sviene per il dolore e per la paura; è sicuro che suo fratello sia innocente ma non sa come dimostrarlo. Rocco Klein, dopo anni passati ad arrestare criminali disperati senza mai guardarli negli occhi, a Victor si affeziona. La sua non è pietà, è che forse, alla fine di tutto, non c’è nessuno in questo mondo che possa dirsi davvero innocente. Da questo libro di Richard Price, nel 1995 Spike Lee decise di trarne un film con Harvey Keitel nella parte di Rocco Klein e John Turturro in quella dell’agente Mazzilli. Il regista voleva dimostrare che nel sogno americano c’è spazio per tutti, anche per i clockers che non conoscono futuro. Dal romanzo non si salva nessuno: ha ragione un’anziana signora che ha vissuto abbastanza da capire quel mondo: “In un modo o nell’altro nessuno la fa mai franca in questa vita”.
CLOCKERS
Richard Price
Neri Pozza, 444 pp., 18 euro