Senza macchia apparente

Maurizio Stefanini
Alicia Plante
laNuovafrontiera, 262 pp., 17 euro

    Tigre è un sobborgo della Grande Buenos Aires. Il nome lo deve ai giaguari mangiatori di uomini che vi abbondavano ancora nell’Ottocento. Per la sua posizione sul Paraná fu anche un centro di attivissimi contrabbandieri, ma quel passato salgariano è oggi trasfigurato nella vocazione commerciale e turistica di una cittadina famosa per i suoi negozi di antiquariato e i suoi ristoranti lungo le rive. Le isolette in mezzo al fiume sono un paradiso selvaggio a solo un’ora dalla città, costellate di pittoresche casette su palafitte raggiungibili solo con una barca a disposizione. Proprio in una di queste villette, nel marzo del 2006 sono stati ritrovati morti Raúl Galván e Silvia Martinü. Lui era un mediocre letterato ridotto a fare lo sceneggiatore di film a luci rosse; lei un’altrettanto mediocre attrice,  da Raúl conosciuta frequentando la “ElMacho Films”. Negli ultimi tempi, però, sembravano ben provvisti di denaro, al punto da potersi permettere il lusso di quella abitazione fluviale. Strano che abbiano scelto di suicidarsi, benché la lettera ritrovata contenente il macabro proposito sia considerata credibile e sufficiente dalla polizia per chiudere il caso. Ma strane dicerie hanno iniziato a circolare tra gli abitanti delle isole, suscitando la curiosità di Julia, una professoressa dell’Università di Buenos Aires che passa gran parte del suo tempo libero sul fiume. Un giorno, decide infine di iniziare per conto suo nuove indagini, entrando di nascosto nella casa dei due presunti suicidi. La curiosità di Julia fa riaffiorare dalle acque limacciose del Paraná un’antica ferita mai rimarginata e che ora minaccia la vita di molte persone: un ex militare, un costruttore corrotto, un ragazzo a cui è stata sottratta l’identità. Sullo sfondo, un ricatto che ha come presupposto uno dei periodi più tristi della storia argentina. “Che può fargli una macchia in più alla tigre”, è il proverbio popolare che ha ispirato il titolo. Intanto, mentre Julia indaga, il lettore scopre la vicenda per conto suo, perché due differenti piani temporali si intersecano e alternano, secondo quella tecnica narrativa che Mario Vargas Llosa definisce “dei vasi comunicanti”. Scrittrice nata a Buenos Aires, dopo aver esordito nel 1970 e aver ottenuto nel 1990 il Premio Azorín con il romanzo “Un aire de familia”, Alicia Plante ha iniziato con questo noir del 2011 una “Trilogia dell’acqua” poi completata dai romanzi “Fuera de temporada” e “Verde oscuro”. In comune alle tre storie ci sono i personaggi del giudice Leo Resnik e del sergente Battaglia. E in comune c’è anche l’amore per le Isole del Tigre.

     

    SENZA MACCHIA APPARENTE
    Alicia Plante
    laNuovafrontiera, 262 pp., 17 euro