Il figlio maschio
Rizzoli, 311 pp., 18,50 euro
Non si dà pace Turiddu Ciuni, tipico pater familias siciliano, un socialista da generazioni che odia le prepotenze e che non si è mai lasciato intimorire dai mafiosi locali, tanto da non aver mai pagato il pizzo in vita sua. Nessuno, nella sua numerosa famiglia, ha intenzione di occuparsi di quel feudo che ogni giorno tratta con quella stessa passione che riserva a sua moglie Concetta, una donna speciale che ama a modo suo e che riempie d’attenzioni. Quelle zolle aride riescono ogni stagione a produrre molti frutti e vorrebbe che almeno uno dei dodici figli potesse prendere un domani il suo posto, ma nessuno di loro pare interessato, nemmeno Filippo, il primogenito, che decide di studiare, di aprire una libreria e – addirittura – di dar vita a una casa editrice con tutte le difficoltà che la cosa comporta. Per il padre – un uomo tetragono, spigoloso nei rapporti col mondo e sempre diffidente a ogni tipo di novità – quel figlio diventa così un motivo di fastidio, la sua più grande delusione, perché non può accettare che abbia preferito la letteratura alla terra. Per Turiddu, uomo d’altri tempi (siamo nel 1930), “i libri ingialliscono la mente” e solo la terra “può rendere sereni e forti”. Di fronte a quella scelta, però, non potrà fare altro che accettarla, anche perché pure sua moglie e le undici figlie femmine sono dalla parte del ragazzo, a cominciare proprio da Concettina, che adora suo fratello e che vede in lui la possibilità di un futuro migliore per l’intera famiglia. Dopo aver scritto numerosi bestseller per Mondadori (L’Assaggiatrice, Il conto delle minne, Manna e miele, ferro e fuoco, Panza e prisenza, La miscela segreta di casa Olivares) e un libro per Nottetempo su un viaggio speciale fatto in Spagna (A Santiago con Celeste), Torregrossa – con un passato da ginecologa – ha scelto una storia speciale per il suo esordio in Rizzoli, raccontandoci le vicende di una famiglia nel corso di un secolo, ricco di avvenimenti e di cambiamenti. Al centro delle vicende c’è la sua Sicilia (è nata a Palermo) e frequenti sono le espressioni tipiche dialettali siciliane che solo lei riesce a unire alla lingua italiana e a renderle così bene sulla carta, aggiungendo qua e là dei vuoti nel racconto che con facilità fanno passare il lettore da un periodo all’altro, creando una tensione e cambiando prospettiva, facendo spesso nascere nuovi stimoli. Ne è venuta fuori una storia piena di colpi di scena con tanta vita e anche tanta morte, “una bella storia come solo i siciliani riescono a raccontare”, come ha detto più volte Camilleri, scrittore molto amato dall’autrice. Tutte le vicende raccontate sono realmente accadute – e la sua particolarità sta anche in questo – e sono vicende che coinvolgono tutti i componenti di quella grande famiglia, alcuni dei quali ancora in vita. Cento anni non sono pochi ed è inevitabile che in quelle pagine si alternino cambiamenti, umori, tormenti, delusioni e amori, ma alla fine a emergere è soprattutto la passione per i libri, coltivata da quella madre lungimirante e coraggiosa negli anni Venti (Concetta Russo era la cugina del critico letterario Luigi Russo) e poi trasmessa ai suoi figli. Dal 1924 si arriva, dopo varie vicissitudini, ai nostri giorni, quando quella stessa passione per i libri la ritroviamo in Adalgisa e nelle sue tre figlie, Cetta, Anna e Luisa, che hanno portato avanti quel progetto e che, con la loro determinazione, hanno testimoniato che le buone pratiche in quell’isola sono ancora possibili. Una storia avvincente che porterà il lettore a ridere e a commuoversi allo stesso tempo. Una storia ricca di passioni e velata da un erotismo che è elegante e mai volgare.
IL FIGLIO MASCHIO
Giuseppina Torregrossa
Rizzoli, 311 pp., 18,50 euro