Florence Gordon
Sonzogno, 321 pp., 17,50 euro
La gente: ma perché continuo ad averci a che fare”?, si chiede in continuazione Florence Gordon, una donna di settant’anni che non si sente vecchia, ma non desidera affatto riafferrare la giovinezza. Non ama il Botox, non si sbianca i denti e non si tinge i capelli come molte altre sue coetanee. E’ una newyorchese forte, fiera e indipendente, scorbutica più che mai, per molti “un’autentica rompipalle”, una scrittrice femminista, una saggista, “una storica per istinto”. E’ ebrea, è divorziata, è una grande attivista, vive da sola a Manhattan e adora il silenzio e la calma quotidiana che le dà il suo appartamento. La fatica di stare in mezzo alla gente, a volte, è quasi intollerabile, per non parlare poi della fatica di reggere l’insopportabile bisogno degli altri. Quando una persona non le piace, ha un metodo: evitarla. Quando questo però non è possibile, la attacca e la mette in difficoltà. Non capisce perché nessuno riesca a comprenderla, a cominciare proprio dalle sue amiche più care, “una tribù” che decide di organizzarle una festa a sorpresa in un ristorante à la page della Grande mela assieme ai parenti – un gesto carino per vederla e coinvolgerla nelle loro vite – ma lei, per tutta risposta, dopo aver fatto a modo suo un breve discorso di ringraziamento, gira i tacchi e torna a casa. “E’ sbalorditivo quanto poco le persone si conoscano anche quando si tratta di amiche di vecchia data”, dirà. “Io mi stavo divertendo nel mio appartamento a cercare di capire la nostra vita collettiva, le frasi giuste e a cercare di mantenere in vita un piccolo momento nel tempo e loro cosa fanno? Mi disturbano”.
Il senso di colpa si farà sentire, ma durerà davvero poco, perché tanto “è solo una sorta di tributo che paga la convenzione” e così torna a scrivere, nonostante le difficoltà a quella mano sinistra, affetta da sindrome del tunnel carpale, di cui nessuno sa e che le fa saltellare le dita come se fossero dotate di cinque piccole menti autonome. L’unica cosa che vuole è continuare a fare quello che ha sempre fatto fino a quando sarà possibile, ma la situazione precipita quando suo figlio Daniel (che ha scelto di fare il poliziotto solo per snobbare le orme letterarie dei genitori), sua nuora Janine (una psicologa che non sopporta) e sua nipote Emily (alle prese con una problematica storia d’amore) si trasferiscono da Seattle a New York.
Non la aiuta, poi, un articolo del New York Times in cui una filosofa dell’Università di Chicago vi riassume il lavoro di tutta la sua vita in modo limpido e appassionato, definendola “un patrimonio nazionale”, “un’eroina misconosciuta della vita intellettuale americana”. A quel punto, Florence che, per quanto irritabile sia, ama godersi la vita, dovrà vedersela anche con un successo inaspettato che se mal gestito può portare alla pazzia, ma se tardivo altro non è che il palcoscenico perfetto per il ritorno del rimosso. Arriva finalmente anche in Italia (nella traduzione di Maura Parolini e Matteo Curtoni) uno dei libri di Brian Morton più amati dal pubblico e dalla critica americana, un bestseller divertente e mai noioso con pagine in cui le riflessioni sulla vita, sull’amicizia, sulla famiglia e sulle proprie scelte sono impreziosite da un grande sense of humour, la vera forza di questo libro. Florence Gordon è una donna irresistibile che per i suoi modi di pensare e di vivere fa pensare più di una volta a Doris Lessing: con tutti i suoi difetti, le sue manie e fobie, ma, soprattutto, con la sua vispa intelligenza, vi conquisterà e il suo ricordo resterà dentro di voi a lungo. Provare per credere.
FLORENCE GORDON
Brian Morton
Sonzogno, 321 pp., 17,50 euro