Memoriali sul caso Schumann

Rinaldo Censi
Filippo Tuena
Il Saggiatore, 252 pp., 19 euro

    Di Robert Alexander Schumann è nota la grazia con cui inseriva passaggi rivoluzionari all’interno delle sue composizioni. Charles Rosen ricorda come egli amasse far risuonare una nota piovuta dall’esterno della forma, come se un intruso manomettesse di soppiatto una frase sul pentagramma. Questi passaggi stridenti ma assorbiti all’interno dell’opera – la Fantasia in do maggiore op. 17, chiamata “Rovine”, ne è un esempio – non sono altro che “effetti di virgolette”, citazioni. Come se un componente fantasma, un suono segreto, si fosse inserito di nascosto. Da dove giungono queste citazioni? Nel caso della Fantasia bisognerebbe scomodare soprattutto Beethoven: sono sue infatti le note che innescano il suono segreto. E’ necessario ricordare che la Fantasia venne scritta allo scopo di raccogliere i fondi necessari per costruire la statua di Beethoven a Bonn. La stessa statua che ritorna nel romanzo di Filippo Tuena, ammirata da Schumann, ormai paziente recluso ad Endenich, a due passi (scrive a Brahms per incontrarlo proprio lì, sotto la statua). La melodia che si insinua nella Fantasia, la nota segreta, rimanderebbe però anche a Clara Wieck, all’epoca sua fidanzata. E’ una dedica che passa attraverso la melodia di Beethoven, soprattutto in quell’ultimo “movimento un po’ più mosso” (così egli scrive sulla partitura). E’ insomma tipico di Schumann inserire una serie complessa di elementi esterni alla sua musica. In questo caso un movimento di Beethoven, ma per riferirsi alla fidanzata: quel suono segreto diventa così materia autobiografica – una dichiarazione d’amore. Sarà stato lo stesso Beethoven a dettargliela?. Non siamo finiti fuori tema: abbiamo l’impressione che il cuore del bel libro di Filippo Tuena, “Memoriali sul caso Schumann” ruoti proprio attorno a questi meccanismi occultati, temi e variazioni nascoste, dettate appunto da un “fantasma”. Che in questo caso non è quello di Beethoven, ma di Schubert, dato che le  “Geistervariationen” (“Variazioni del fantasma”) di Schumann – di questo tratta il romanzo – proprio da Schubert sembrano essere state dettate (insieme a Mendelssohn); e proprio a Clara Schumann sono dedicate. Le “Geistervariationen” sono la sua ultima opera, da lui consegnate alla moglie il giorno dopo essersi gettato nel fiume Reno, appena prima di farsi rinchiudere nel manicomio di Endenich.  E’ un angelo a dettarle? Un dèmone? Schumann prende nota, cita? E’ semplice follia? Da dove arriva questo suono segreto? I ricordi, i memoriali, le lettere che si susseguono per tutta la durata del romanzo – costruito, com’è d’uso per Tuena, attraverso un attento e scrupoloso studio di documenti, fonti, ma in uno stile ancora più asciugato e secco, rispetto ai libri che l’hanno preceduto – cercano di fare luce su quell’evento, che anticipa la “crisi” fino al ricovero, segnando il resto della sua esistenza. Siamo davanti a una sorta di detection? I memoriali (diversi per stile di scrittura) non risolvono nulla. Pezzi di domino, alfabeti da decrittare, atlanti geografici, tavolini a tre gambe, sedute spiritiche, note musicali, presenze invisibili: ogni tassello, ogni ricordo, evoca un teatro della memoria, chiarisce aspetti elusi o semplicemente lacunosi del racconto, ma l’insieme che ne esce mantiene l’evento inafferrabile, collocandoci davanti a un muro: un punto cieco della storia. Resta solo questa melodia spettrale, dai suoni segreti, giunta da chissà dove. Note e correzioni su un pentagramma, per un’opera destinata a rimanere chiusa in un cassetto, suonata con riluttanza e solo per pochi intimi. Chi non vorrebbe ascoltarla?

     

    MEMORIALI SUL CASO SCHUMANN
    Filippo Tuena
    Il Saggiatore, 252 pp., 19 euro