L'incantesimo delle civette

Salvatore Merlo
Amedeo La Mattina
Edizioni e/o, 170 pp., 15 euro

    Sullo sfondo della provincia più remota di Sicilia, e filtrato da ricordi romantici, monellerie da via Pál e fumo di “Super senza filtro”, viene sgranandosi a perdifiato questo feuilleton rapidissimo e divertente, un turbinare d’immagini e personaggi, dialoghi e dialetto, fantasie puberi e memorie adolescenziali, romanzo breve o racconto lungo di un mondo impossibile eppure verissimo. Ed ecco allora mafiosi bislacchi e maldestri che si muovono in un balletto spiritoso assieme a ragazzini avventurosi nei giorni in cui, alla fine degli anni Settanta, il paesone sonnolento di Partinico viene sconvolto dall’arrivo di una troupe cinematografica romana, impegnata a girare “Il giorno della civetta”, il film di Damiano Damiani con Claudia Cardinale e Franco Nero. Più del Sessantotto poté il cinema, a Partinico. E tanta è la frenesia, tanto è il vento del continente che d’improvviso comincia a spirare sulle strade del borgo muto e pigrissimo, che d’un tratto s’accorciano le gonne delle ragazze e s’allungano i capelli degli studenti, mentre persino i mafiosi, i mezzi mafiosi e i semplici malacarne, al bar s’abbandonano al commento da cinefili, e paragonano quella “Cosa Nostra” di celluloide a quella vera che loro conoscono per diretta frequentazione: “Ma picchì, ditemi, forza, voi conoscete un capo mafia che si veste così elegante, ‘allicchittatu’ e che si profuma?”. E c’è la Sicilia malinconica di Giuseppe Tornatore, con Partinico al posto di Bagheria, e c’è la carnalità morbida di Claudia Cardinale – “ma che pezzo di stìcchiu grandioso”, è l’espressione che vola in paese – le femmina che sconvolge i sensi e la ragione di un ragazzino in piena esplosione ormonale, così come capitava con Monica Bellucci al protagonista del film “Maléna”. E anche qui c’è quell’idea romantica eppure non fino in fondo nostalgica, d’una storia in cui è sempre presente, tra rimandi e allusioni oniriche, l’immaginario cinematografico e letterario di un’Italia provinciale, remota, in cui ancora si fumava in sala e le arene all’aperto rappresentavano un piacere composito e una libertà profumata di sogno. Come in “Nuovo cinema paradiso”, la storia tradisce i ricordi di un ex bambino siciliano oggi cresciuto e divenuto – nel continente – giornalista tra i più stimati alla Stampa di Torino, con il caldo, l'umido, la polvere di Sicilia che s’infila dappertutto, e poi l’amore per questa terra inamabile, in un gioco di specchi, tra memorie infantili e letture adulte, un impasto in cui si riconoscono Brancati e Sciascia, l’erotismo panico, il modo segreto del dire e del non dire,  ma pure la tradizione dei romanzi d’avventura per ragazzi di una volta, Salgari e Ferenc Molnár.

     

    L'INCANTESIMO DELLE CIVETTE
    Amedeo La Mattina
    Edizioni e/o, 170 pp., 15 euro
     

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.