Lettere, diari, ricordi

Mario Leone
Clara Wieck Schumann
Zecchini Editore, 262 pp., 20 euro

    Clara Wieck. Un pezzo decisivo della storia musicale del 1800. Moglie del tormentato, e forse più noto, Robert Schumann, Clara è una compositrice e soprattutto una pianista di talento. Un punto attorno al quale ruotano i più significativi personaggi del romanticismo musicale, come testimonia l’epistolario a cura di Claudio Bolzan. Sinora mancava una pubblicazione di questo tipo in lingua italiana. Un gran lavoro di raccolta, traduzione e riordino della storia di un’artista protagonista del suo tempo, a stretto contatto con gli amici Johannes Brahms, József Joachim, Felix Mendelssohn. Una testimone esemplare dell’evoluzione culturale di un periodo estremamente denso.  Dotata di un talento musicale notevole (a otto anni era già capace di eseguire un Concerto di Mozart a nove si esibiva alla Gewandhaus di Lipsia), più a suo agio come pianista che come compositrice, la Wieck sa bene che un’artista dell’epoca deve conciliare entrambi potendo presentare al pubblico anche le proprie composizioni. E il pubblico dell’Ottocento apprezzerà fin da subito le infinite doti esecutive di un personaggio che, nella sua prima fase creativa, scrive brani di grande difficoltà tecnica. Figlia d’arte, il padre Friedrich Wieck condizionerà la sua vita. All’età di cinque anni sarà il suo primo insegnante di pianoforte (in futuro lo sarà anche di Robert Schumann) e cercherà di influenzarne anche la sfera privata ostacolando il rapporto tra Clara e Robert. Artista, storica, amica di grandi musicisti, una donna dalla forte personalità. Un mito vivente. “Celebre in tutta Europa, richiesta da corti e teatri, istituzioni culturali e salotti privati, in stretta confidenza con principi e regnanti”.
    Ma Clara Wieck è anche una donna tormentata da mille vicissitudini e segnata da una vita travagliata. Basti pensare gli anni di matrimonio con Schumann, particolarmente sofferti per la soffocante gelosia del marito che non la lascia mai sola, e in seguito per il sorgere della malattia di Robert. Anche le frequenti gravidanze minano la salute della donna e ostacolano l’attività artistica. Lo studio estenuante del pianoforte (soprattutto dopo la morte del marito) per intraprendere la carriera concertistica provoca non pochi danni alla sua salute fisica e psichica. Una donna sofferente che deve affrontare la morte prematura dei figli, una misteriosa patologia al dito di una mano che le procura dolore e non le permette di suonare come desidera. Gli ultimi anni di vita sarebbero stati segnati da violenti dolori al braccio. Questo travaglio umano e artistico trova in Johannes Brahms un sostegno. In verità Brahms si innamorò di Clara e il sentimento fu reciproco, ma non andò mai oltre una semplice amicizia. Una vera e propria venerazione, come annota Mathilde Went allieva di Clara: “Da ogni sguardo e parola Brahms esprimeva un’affettuosa venerazione per la donna che dimostrava al suo genio creatore la più schietta ammirazione e la più profonda comprensione”. Anche Franz Liszt e Richard Wagner hanno un ruolo determinante nella vita della pianista, ma di segno opposto. Un vero e proprio odio. In verità poco comprensibile perché Liszt apprezza sia Robert Schumann sia Clara. Un astio nei confronti di Liszt superato solo da quello di Wagner. Di quest’ultimo Clara dice: “Il Tristano (Tristano e Isotta, ndr) è una delle cose più ripugnanti della mia vita”. In altre lettere definirà Wagner come insopportabile. Si tratta di un “un astio di natura estetica”. Liszt, ma anche Wagner, porta avanti una “politica” antitetica rispetto a quella di Robert Schumann, e questo la pianista, la compositrice e la moglie, non può accettarlo.

     

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    Clara Wieck Schumann
    Zecchini Editore, 262 pp., 20 euro