Percoco
Mondadori, 246 pp., 17,50 euro
L’editoria cosiddetta “minore” a volte ci riserva, lo sappiamo, gradite sorprese. E’ il caso di questa opera prima di Marcello Introna, “Percoco”, che dopo aver richiamato l’attenzione in sede locale, viene ora riproposta da Mondadori in una versione radicalmente rivisitata. Il romanzo si inserisce a pieno titolo nel filone della letteratura meridionale italiana, e si ispira a un atroce episodio di cronaca nera che sconvolse Bari negli anni Cinquanta. Introna mette in scena un’Italia provinciale, arretrata, alla vigilia di un difficile e pur sempre parziale salto nella modernità, il grande boom economico che avrebbe segnato i primi anni Sessanta. Ne emerge una famigliola piccolo-borghese, dalla vita mediocre e frustrata nelle ambizioni. Il padre del protagonista, affettuoso ma debole, è un ispettore delle Ferrovie dello stato e sa bene che la famiglia della moglie avrebbe voluto, per la sua pupilla, qualcosa di più. Costei è una lamentosa casalinga, depressa e depressiva. I fratelli sono due: in galera per furtarelli il maggiore, affetto da sindrome di Down il più piccolo.
In questo contesto, le troppe aspettative si concentrano sul figlio “sano” e il destino tragico di Franco Percoco appare segnato. Il ragazzo è soggetto a violenti mal di testa, svenimenti, crisi di panico; all’università colleziona insuccessi da una facoltà all’altra, fallisce malamente la carriera militare, si trascina da nullafacente, scivola inesorabilmente verso l’abisso. “Tu non sei un ingegnere, non sei un economista, non sei un ufficiale, non sei un agronomo. Tu, figlio mio, non sei niente!”, inveisce la madre. Il fratellino lo tormenta con richieste assillanti e ripetitive, lo disturba, lo invade nell’intimo. Il padre tenta di difenderlo, poi rinuncia e affonda la testa nella Gazzetta, in segno di resa. Viene soprannominato il Turco, il Truce, per gli amici dell’università è l’Esaurito. Quest’ultima definizione è la più esatta. Franco Percoco ha esaurito le sue energie psichiche: sprofonda nell’apatia, si ubriaca, si rifugia in una fitta rete di fantasie nella quale rimane avviluppato. Le menzogne si trasformano nelle sbarre di una gabbia, i sogni in incubi e le allucinazioni in tragedia.
Il nome di “Percoco” diviene sinonimo di abominio, di terrore, del crimine più spaventoso ed efferato. Bari cade preda di una nevrosi collettiva. “Non sono Percoco! Non sono Percoco!”, grida inutilmente un militare di leva alla folla inferocita, che lo vuole linciare per via di una vaga somiglianza. Pestato a sangue, riporterà fratture alle braccia e alle gambe e sarà salvato per miracolo dalla polizia. L’11 giugno di quell’anno, il ’56, la Gazzetta del Mezzogiorno pubblica un resoconto particolareggiato e macabro dell’accaduto – sono le pagine più vivide e scioccanti del libro – e viene colpita da un provvedimento di sequestro. “Un episodio che non ha precedenti e che non si è ripetuto”, ci informa l’autore. Le copie di quel giorno sono ritirate non solo dalle edicole, ma porta a porta dalle case degli abbonati. Il direttore Luigi de Secly e il giornalista Ciro Bonanno, accusati di avere diffuso “materiale raccapricciante”, sono condannati a sei mesi di reclusione. Saranno assolti solo quattro anni più tardi, al terzo grado di processo, ma non torneranno mai a lavorare per il principale giornale pugliese. Marcello Introna, classe 1977, veterinario di professione e scrittore per passione, scava nel profondo sud e ci offre in forma di romanzo una cronaca tremenda e vera, facendo così rivivere il mito di Percoco, foriero di morte. E Franco Percoco, quell’infelice e sfortunato ragazzo, che fine avrà fatto…?
PERCOCO
Marcello Introna
Mondadori, 246 pp., 17,50 euro