Postcapitalismo
Il Saggiatore, 382 pp., 22 euro
E’ dai tempi di Marx che gli intellettuali profetizzano il crollo del sistema capitalistico. Le cose non sono mai andate come previsto, ma essi insistono imperterriti, all’occorrenza correggendo lo stesso Marx. Secondo Mason, all’origine di tutti i guai della nostra epoca – diseguaglianza, povertà, crisi finanziarie – c’è il capitalismo. E’ ad esempio colpa del capitalismo se in Moldavia (talmente neoliberista da detenere il centodiciassettesimo posto nell’Index of Economic Freedom) “una persona su dieci vive in condizioni di miseria comparabili a quelle dell’Africa”. Capitalismo non è soltanto proprietà privata dei mezzi di produzione, scambio volontario, concorrenza; ma è anche dirigismo economico e interferenza della politica nel mercato. Ed è così che il neoliberismo, la dottrina alla base di quel sistema, finisce per includere ciò che nessuno dei suoi fautori si sognerebbe di ammettere: espansionismo monetario, spesa pubblica, manipolazione dei tassi d’interesse. Si capisce allora come possa essere tutta colpa del neoliberismo. Fortuna vuole che questo sistema così iniquo sia sul punto di venir meno.
Seguendo le teorie di Kondratiev, Mason spiega che l’economia globale è scandita da cicli cinquantennali di ascesa e discesa, ciascuno innescato da un’ondata di innovazione tecnologica. L’ultima di queste ondate, scatenata dall’information technology, dovrà però produrre un sistema del tutto nuovo. L’accesso illimitato all’informazione, permesso dal web, crea un’abbondanza che rende obsoleta la necessità del mercato di segnalare la scarsità con i prezzi. E’ quanto pronosticato da Marx nel postumo “Frammento sulle macchine”: il superamento della condizione di scarsità dovuto all’aumento vertiginoso della conoscenza disponibile e alla sua natura “sociale”.
Se il principale fattore di produzione è l’informazione, che è abbondante e di tutti, conoscere il prezzo dei beni è impossibile: il sistema capitalistico è superato. Il vizio di tale ragionamento è che scambia la scarsità con la “scarsa disponibilità”. Un bene disponibile in grandi quantità resta tuttavia scarso, per la semplice ragione che produrlo e consumarlo crea un trade-off con la produzione e il consumo di altri beni. Prendiamo il caso di Wikipedia, l’esempio prediletto da Mason. Chiunque, grazie a Wikipedia, ha accesso a un’immensa mole di informazioni; ma nessuno ha il tempo o le capacità di visionare, comprendere o far uso di quel contenuto per intero. L’abbondanza dell’informazione non esclude che ognuno acquisisca una specializzazione spendibile sul mercato, soggetta al meccanismo dei prezzi. Che i beni siano “fatti” di una risorsa abbondante non inficia quel meccanismo, poiché esso non poggia sulla teoria del valore-lavoro (come vuole Mason) ma su quella del valore marginale. Fu del resto grazie a un’intuizione di Hayek che Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia, concepì un’enciclopedia aperta e modificabile da tutti. In “The Use of Knowledge in Society”, lo scritto che gli valse il Nobel, Hayek sostenne che la conoscenza è dispersa nella società, ed è perciò dalle interazioni sociali che possiamo aspettarci le soluzioni più efficienti per il suo utilizzo, esattamente come avviene nel sistema dei prezzi. L’esistenza di Wikipedia, perciò, non contraddice il funzionamento del mercato, ma solo le teorie che ritengono impossibile la creazione di beni pubblici dal basso. E allora perché mai l’avvento della rete dovrebbe condurci al di là del capitalismo? Semplicemente perché, per i suoi detrattori, se produce benefici diffusi non può essere capitalismo.
POSTCAPITALISMO
Paul Mason
Il Saggiatore, 382 pp., 22 euro