Macchine per pensare

Roberto Persico
Francesco Varanini
Guerini, 320 pp., 21,50 euro

    Francesco Varanini è un personaggio che sfugge a ogni classificazione. Nato come etnografo, autore di un “Viaggio letterario in America latina” ammirato da Guillermo Cabrera Infante, racconta di aver vissuto il suo primo incontro con un personal computer “come un’agnizione”. Da allora – erano gli inizi degli anni Ottanta – la sua carriera nell’ambito dell’editoria (è stato, fra l’altro, direttore della casa editrice di Cuore e fondatore di Internazionale) è sempre stata legata all’uso dell’informatica più avanzata. Negli ultimi vent’anni si è occupato di formazione, management, innovazione (ma detto così è un po’ riduttivo) in mille ambiti e con innumerevoli partner, senza mai perdere di vista gli intrecci di cultura e tecnologia; da qui, tra l’altro, il suo impegno come docente universitario di “Tecnologie dell’informazione e produzione della letteratura” nel corso di Informatica umanistica dell’Università di Pisa; sempre da qui l’ambizioso progetto di un “Trattato di informatica umanistica” di cui “Macchine per pensare” è il primo volume, che ripercorre preistoria e storia del computer per coglierne le prospettive. La prima affonda le sue radici nella filosofia moderna, nel sogno di Cartesio e di Leibniz di costruire un linguaggio perfetto, un sistema in grado di tradurre ogni aspetto della realtà in segni e regole inequivocabili, secondo la celebre immagine del tedesco: “Quando sorgeranno controversie non ci sarà maggior bisogno di discussione tra due filosofi di quanto ce ne sia tra due calcolatori. Sarà sufficiente, infatti, che essi prendano la penna in mano, si siedano a tavolino, e si dicano reciprocamente (chiamato, se loro piace, un amico): calcoliamo”.
    La storia si dipana nei decenni drammatici tra le due guerre mondiali, tra le “macchine di Hollerith” – i primi dispositivi a schede perforate, capaci di immagazzinare e restituire una mole impressionante di dati, in grado di dettare tempi e metodi dell’organizzazione aziendale, e poi dell’organizzazione statale, e poi della “soluzione finale” – e quelle di Konrad Zuse, che nel suo appartamento di Berlino progetta il primo calcolatore basato su un codice binario (le pagine dedicate al clima culturale e sociale della Germania degli anni Venti e Trenta sono tra le più fascinose del libro); per seguire poi la migrazione delle menti tedesche sull’altra sponda dell’Atlantico. Arriviamo così alle prospettive, e lasciamo la parola a Varanini: “Qualunque percorso si segua, si arriva in ogni caso inevitabilmente a una biforcazione. Vediamo due macchine. Da un lato l’idea della macchina come sostituto dell’uomo, la macchina perfetta che ci guida e ci governa e ci libera dalla paura. La macchina che pensa al posto dell’uomo. Infine: un Computer-Dio. Dall’altro lato la macchina come stampella del claudicante cammino umano, il computer che accompagna l’uomo”. Su questa seconda via, un importante, inatteso alleato è il web: “Ci troviamo sotto gli occhi un rovesciamento paradossale. Proprio tramite i computer, macchine nate nel quadro del progresso logicista, abbiamo accesso allo sconfinato, sinistro, perturbante, spaesante – ma enormemente ricco – World Wide Web”. Qui è impossibile separare nettamente credenze e verità: “Ci muoviamo nella sterminata rete mossi da ‘oscure congetture’. Ma non per questo il Web cessa di essere fonte di conoscenza. Al contrario: muoversi seguendo oscure congetture è il modo per portare alla luce quella conoscenza che la logica formale e le procedure del computing scartano”. Uomo a servizio della macchina o macchine a servizio dell’uomo, dunque: la partita è aperta. E il libro di Varanini è una scorrevole e dotta guida a comprenderne la logica.

     

    MACCHINE PER PENSARE
    Francesco Varanini
    Guerini, 320 pp., 21,50 euro