Panamericana

Edoardo Rialti
a cura di Alessandro Raveggi
La Nuova Frontiera, 160 pp., 15 euro

    Vedo me stesso essenzialmente come un lettore. Mi è accaduto di avventurarmi a scrivere, ma ritengo che quello che ho letto sia molto più importante di quello che ho scritto”. In una sorta di staffetta ideale, gli autori italiani di questa raccolta di racconti-tributi paiono davvero raccogliere il testimone della citazione di Borges, che a sua volta citava Chesterton, che a sua volta parlava di Chaucer. In omaggio a nove “fantasmi concretissimi”, nove amati autori latinoamericani non più esenti dalla maledizione devota di finire “sempre sulla bocca di tutti o ripetuti a refrain sui magazine letterari”, non si sono limitati a guardarli o additarli, bensì a guardare “con loro”, nella convinzione che – come spiega il curatore Alessandro Raveggi – quel cosmo variegato e complesso che va dal Messico alla Patagonia “non offre per qualità e quantità una produzione inferiore a quella americana o europea, e a volte addirittura la supera, vi s’insinua sovvertendola”. La differenza tra il discepolo e il figlio, notava già De Lubac, è che il primo rischia di essere una copia stinta del maestro, mentre il secondo ha il fardello e la gloria di apportare un quid di irriducibile novità. In questi racconti c’è molta amicizia e figliolanza, e nessuna devozione pedissequa. Gli scrittori sono raccontati con o attraverso i loro cani e gatti, negli incontri tra esuli nei corridoi degli ospedali con partorienti che invocano le stesse protettrici della loro infanzia (“A volte bisogna bestemmiare con forza per attirare l’attenzione dei santi”), oppure mentre, in un gioco di specchi, sono loro a guardare e commentare la nostra Italia. A volte si dialoga con loro, attraverso lo spazio e il tempo, anche arrabbiandosi per colpe o mancanze, come Vanni Santoni che si incazza con Borges per il sostegno a Videla e Pinochet: “Parole degne di un Priebke: vecchio cieco? Sei uno dei massimi scrittori del Novecento, brutto figlio di puttana! Pure non funzionava. Non v’era ignominia nel mondo reale che potesse scalfire l’edificio criselefantino del suo magistero. Immaginario, eppure più vero del vero: lo si poteva ben dire. Il fatto era che tutta la fiducia che avevo nei libri, e dunque nel mondo, veniva da lui”. E’ questo debito che non si può ripagare a costituire il fondo comune di questi tributi: “Ci sono viaggi che non sono viaggi, sono dei ritorni”, nota Fabio Stassi. A terre e immagini di un altro mondo, che però ci ha fatto sentire stranamente a casa. Alle parole di chi, in un modo o nell’altro, sorridendo o piangendo, ci ha rivolto l’invito segreto di ogni vera opera d’arte, per affacciarsi alla finestra, e guardare meglio il mondo: “Benvenuto nel paese dell’impossibile”.

     

    PANAMERICANA
    a cura di Alessandro Raveggi
    La Nuova Frontiera, 160 pp., 15 euro