Si può tornare indietro
Astoria, 216 pp., 16 euro
Dopo una lunga esperienza nella narrativa straniera (Longanesi, Feltrinelli, Il Saggiatore) Monica Randi ha dato vita nel 2010 ad Astoria, edizioni di letteratura prevalentemente femminile, caratterizzate da una lucida copertina color rosso ciliegia. Fra le novità più interessanti, questo delicato e doloroso “Si può tornare indietro”, uscito dalla penna sensibile di Ada Murolo (Palizzi, Reggio Calabria, 1949). E’ il 4 novembre 1954. Tutta Trieste è in festa. Da pochi giorni la città si è ricongiunta all’Italia, dopo anni di indicibili sofferenze e altri di trepida attesa, sotto il protettorato britannico. Nell’anniversario della Vittoria, il popolo si rovescia nelle strade, affolla le piazze, saluta allegro le autorità. Tutti corrono concitati a occupare i primi posti dietro alle transenne, per assistere allo storico alzabandiera. Ma il turbine del recente passato ha lasciato segni indelebili, nelle menti e nei corpi. Due donne, da ragazze compagne di scuola, oggi ferite dalla vita, si trascinano incerte in mezzo alla folla. Berta si è lasciata alle spalle un matrimonio fallito. Ha abbandonato il marito nella campagna romagnola e fatto ritorno a Trieste, portandosi dietro due bambine ancora piccole. Umiliata dal gretto ambiente contadino che non l’ha mai accettata, ora è insidiata da un cognato voglioso e privo di scrupoli. Ha resistito come ha potuto alla prepotenza degli uomini, accettandone a volte le lusinghe, altre volte subendo il ricatto, alla ricerca di una difficile indipendenza. Alina invece ha conosciuto il Male Assoluto. E’ riuscita a sopravvivere, ma è sola e la sua mente ha ceduto. Vive derelitta in un ospedale psichiatrico, dal quale si allontana di soppiatto per mescolarsi alla folla in festa. Se Berta cerca l’emancipazione, Alina cerca la verità, ma la lotta è impari e il traguardo inarrivabile, rispetto alle sue misere condizioni e alle sue forze. “In questura, Alina non riuscì a rispondere alle domande, energiche e pressanti. Stava a testa bassa, non riusciva a raccapezzarsi, non sapeva dove l’avessero portata e non era neppure in grado di chiedere dove fosse e perché. Sapeva infatti che non era consentito chiedere, mai, ma solo rispondere in fretta, eppure si sentiva bloccata da un rallentare dei riflessi, un’apatia paralizzante. Taceva. Una terribile paura pian piano la invase e prese il posto della veemenza che l’aveva spinta per le strade di quella strana città che non le aveva mai risposto. Solo finestre mute, maschere di pietra sotto le grondaie, mare e gabbiani. Quando le chiesero ancora una volta come si chiamasse, Alina alzò lo sguardo sgomento, poi abbassò la testa, tirò su la manica della maglia e mostrò, senza guardarlo, il numero impresso sulla pelle”.
Nella calca le due donne si incrociano per un istante, si guardano, poi si allontanano, sospinte dalla folla che le trascina come un fiume in piena, riuscita metafora della vita, della Storia, di un ineluttabile destino. “Quando la memoria si inoltra nell’incerta luce di confine dove l’oblio sembra fondersi con il non accaduto, le sovrapposizioni casuali degli accadimenti che determinano la storia, le coincidenze insomma, si sfocano in uno sguardo astigmatico dei contorni: il Tempo, sfaldandosi come un pezzo di mica, perde i connotati della necessità e gli eventi, ormai sfilacciati, non sono più riconducibili all’unica matrice della loro direzione. La vita di ognuno sembra procedere parallela alle altre vite, e l’uomo, perdendo memorie dietro di sé, crede di percorrere da solo la propria storia”.
SI PUO’ TORNARE INDIETRO
Ada Murolo
Astoria, 216 pp., 16 euro