Bruges la morta

Alessandro Litta Modignani
Georges Rodenbach
Fazi, 106 pp., 15 euro

    Pare che Alfred Hitchcock, leggendo “Bruges la morta” di Georges Rodenbach ne sia stato a tal punto colpito, da trarne spunto per “La donna che visse due volte” (“Vertigo”), considerato il suo massimo capolavoro. Nel film, come in questo romanzo, il protagonista incontra una donna straordinariamente somigliante all’amata morta in precedenza, ma diversissima nel carattere, e se ne innamora ossessivamente. Le analogie finiscono qui. Nel libro prevale un’atmosfera di lutto soffocante e morbosa, tipica di una certa letteratura decadente. Rimasto vedovo a quarant’anni, Hugues Viane sprofonda in un “autunno precoce” nel quale si circonda degli oggetti e dei ricordi di lei, nel tentativo disperato di “eternare il rimpianto”, e si aggira nel dedalo nebbioso delle strade di Bruges. Ben lungi dal rappresentare solo lo scenario di sottofondo del romanzo, la città stessa è un “personaggio necessario”, avverte l’autore, fatta di “quais, strade deserte, vecchie case, canali, beghinaggio, chiese…”. Il testo è del 1892 e Fazi ce lo ripropone con la bellissima copertina dell’edizione 1914. La Bruges di Rodenbach è umida, crepuscolare, cupa. “Ah, ancora quel grigio delle strade di Bruges! (…) Da tutti questi spettacoli: le opere d’arte, gli ori, le architetture, le case che sembrano chiostri, i pini a forma di mitre, le vie ornate di Madonne, il vento pieno di campane – un esempio di pietà e di austerità si comunicava a Hugues, il contagio di un cattolicesimo radicato nell’aria e nelle pietre. (…) Si sentiva in colpa verso Dio e verso la morta”. Uno spettacolo teatrale e un incontro fortuito lo porteranno alla perdizione. Hugues si innamora di una ballerina, copia perfetta della moglie morta ma cinica e sguaiata, e resta invischiato nel suo stesso autoinganno, prima ancora che nelle menzogne di lei. “Egli possedeva il senso della somiglianza. (…) Per questo aveva scelto Bruges. Bruges da cui il mare si era ritirato, portando via con sé un’antica felicità. (…) Ma il senso della somiglianza, con uno scarto brusco e quasi prodigioso, operava questa volta in senso inverso”. Il pettegolezzo, il pregiudizio, la condanna morale di cui è fatto oggetto sembrano non contenere un valore sanzionatorio sufficiente a inibire e frenare i suoi impulsi distruttivi. Cade in discredito, si lascia abbindolare, si corrompe. “Il demone dell’Analogia si stava prendendo gioco di lui”. Il suo rapporto con la profittatrice diventa patologico e perverso, e scivola verso un epilogo tragico e scontato. “Aveva cercato di eludere la Morte, di vincerla e beffarla grazie al raffinato artificio di una somiglianza. Forse la Morte si sarebbe vendicata”.

     

    BRUGES LA MORTA
    Georges Rodenbach
    Fazi, 106 pp., 15 euro