
Teodora
Salerno, 238 pp., 16,90 euro
Di certo, di lei, conosciamo il mosaico di San Vitale a Ravenna. Teodora, l’imperatrice di Costantinopoli, è effigiata con i paramenti di una sovrana voluta da Dio, come da tradizione nell’Impero Romano d’Oriente; è posta di fronte al marito Giustiniano, in posizione di sostanziale parità, a sottolineare il suo ruolo nell’imperio. Si notano i suoi lineamenti regolari, lo sguardo duro. Aveva una figura minuta ed era bellissima. Ma altre carte in regola per regnare non ne aveva. D’altra parte lo stesso Giustiniano, nipote del precedente imperatore, non era di alto lignaggio. Ma poco importa: era uomo di apparato e la nobiltà a Costantinopoli si estingueva con la morte, non si tramandava come appannaggio ereditario. Dunque, cosa c’era di tanto sbagliato in Teodora? Era la figlia del guardiano degli orsi all’Ippodromo, faceva l’attrice fin da bambina e si prostituiva. Il mestiere di attore a quei tempi era peccaminoso, oltraggioso, questi doveva pentirsi in punto di morte per accedere al Regno dei cieli. Le fonti su Teodora hanno alimentato una leggenda degna di quella di Messalina. Si tratta della Storia segreta di Procopio di Cesarea, nel quale la giovane, diventata famosa per la sua abilità nell’arte del mimo, appare come una prostituta lasciva adusa ad ogni perversione. Questo libro le rende giustizia, scartabellando tra le altre fonti a disposizione, indagando il suo rapporto con il potere, con la fede e con l’innamoratissimo marito. La verità è che lei e Giustiniano furono una coppia affiatata. Teodora era severa, implacabile nelle vendette, amante del lusso sfrenato, ma anche fedelissima alla sua religione, il monofisismo, per il quale Cristo aveva solo natura divina. Ella dormiva gran parte del tempo, si prendeva lunghi periodi di riposo al mare, ma non per questo evitava di ficcare il suo nasino nelle faccende del potere. Giustiniano invece era un insonne intento a pensare alle cose dello stato giorno e notte. Quando Teodora morì prematuramente, Giustiniano faticò a prendere decisioni, uscirono insomma quelle debolezze di carattere che l’attrice tamponava abilmente. Difficile tratteggiare un ritratto veritiero di questa donna passata alla storia per il passato discutibile e non per il suo polso fermo. Sta di fatto che, da quando si convertì e si sposò, non diede più occasione di scandalo. La sua condotta fu irreprensibile. Di quel tempo glorioso resta poco purtroppo, perché i due, appassionati di architettura, trasformarono Costantinopoli in una capitale di straordinaria bellezza. Furono tra l’altro i mecenati della chiesa di Santa Sofia. Basta questo per farli passare alla storia con la massima dignità.
TEODORA
Giorgio Ravegnani
Salerno, 238 pp., 16,90 euro