L'arte ormai perduta del dolce far niente
Dany Laferrière
66thand2nd, 390 pp., 18 euro
Secondo me, la religione appare nel momento esatto in cui perdiamo la fede nella notte e nella poesia”. A dispetto del titolo, “L’Arte del dolce far niente” è tutt’altro che un libro vacuo e superficiale. Suddiviso in 23 capitoli, consiste in una lunga serie di riflessioni e di ricordi, di considerazioni filosofiche, letterarie, esistenziali, di costume. Non si tratta propriamente di un saggio, non è neanche scritto del tutto in prosa, perché ogni capitolo si chiude con una poesia, o meglio con un brano in versi, dedicato a un’arte: l’arte di guardare altrove, di cercare la propria madre, di parlare con uno sconosciuto e così via. Insomma questo è un libro nuovo, eccentrico, originale anche dal punto di vista grafico. E’ interessante da leggere e piacevole da sfogliare. Tutti i capitoli sono brevi a eccezione del ventesimo, “Un lettore nella vasca da bagno”, 40 pagine che meriterebbero un’edizione a parte. Qui l’osservatore leggiadro cede il passo a un critico letterario di eccezionale levatura, che analizza la corrispondenza di Rilke, la timidezza di Salinger, l’ironia di Bulgakov, la fragilità di Hemingway e molto altro ancora. L’autore più citato, qui e nell’intero volume, è Borges, che Laferrière ama molto: “Da qualche anno, per me Borges non è più di grande stimolo alla riflessione (lo conosco troppo bene). Piuttosto lo tengo accanto come un talismano, perché mi protegga dall’idiozia dilagante”.
Il dolce far niente di Laferrière rappresenta dunque quell’insieme di espedienti che l’individuo riesce a utilizzare – in una sorta di sfida prometeica contro il Tempo – per salvaguardare se stesso, la propria libertà e autonomia, al fine di scoprire le cose piccole e meravigliose che suscitano la gioia di vivere: la cultura, la poesia, l’arte, i buoni libri. “Il più bel viaggio nel tempo che io conosca è quello che ci permettono di fare i libri. (…) L’arte è davvero l’unico tentativo serio di dare una risposta all’angoscia dell’uomo di fronte a quel mostro insaziabile che è il tempo”. L’autore non si risparmia qualche ironia di stampo thatcheriano: “Non so perché il Corpo sociale mi intrighi tanto. Mi sono sempre chiesto chi fosse. Finché un bel giorno non me l’hanno presentato – Dany Laferrière, ti presento il Corpo sociale. Corpo sociale, lui è Dany Laferrière – Ed ecco milioni di mani tendersi verso di me mentre milioni di occhi mi scrutano. (…) Oggi siamo convinti che la lotta tra l’individuo e la società non finirà mai, io però, questo sabato pomeriggio, ho finalmente avuto l’onore di stringere la mano del Corpo sociale. Piacere!”.
L’ARTE ORMAI PERDUTA DEL DOLCE FAR NIENTE
Dany Laferrière
66thand2nd, 390 pp., 18 euro