Storiette e storiette tascabili

Simonetta Sciandivasci

Luigi Malerba
Quodlibet, 192 pp., 14 euro

I nomi dei protagonisti umani di queste storiette finiscono quasi sempre in -one, così da rimare con beone, che è poi ciò che ciascuno di loro dimostra d’essere. Alessandrone pensa di poter fare una ragnatela con la sua saliva perché “se ci riesce un ragno, che è ragno, ci riuscirò anche io, che sono uomo” e quando si aggrappa alla sua saliva, casca e si sfascia collo, spalle, ginocchio, gomito, eccetera. Sandrone si muove a compassione del suo maiale e, anziché ucciderlo, decide di accontentarsi di un prosciutto e quindi gli taglia solo una gamba, che poi sostituisce con una protesi: il maiale, per ricompensarlo, prima gli mangia un dito e poi va a prendergli un bastoncino di legno per rimpiazzarlo. Carlone pretende che il falegname gli accorci il bastone dall’impugnatura, che però è curva. Gennarone per vendere i portafogli del suo negozio, sempre deserto, decide di riempirli di monete e così le vendite schizzano, lui è felicissimo, ma dopo un anno è costretto a chiudere per fallimento e non si capacita del perché. Luigi Malerba, figlio pacioso (si legga Il Pataffio) e geniale (Diario delle delusioni) del ’900, veniva dalla provincia di Parma, come Giovannino Guareschi e Attilio Bertolucci: molto più della sua adesione al Gruppo 63, è di casa sua, della Bassa burlona, poetica e comucristiana, che si sente l’eco nelle sue storielle per bambini appena ripubblicate, unendo Storiette (1978) e Storiette tascabili (1984), così che possano esser lette d’un fiato e tutte insieme. Ai bambini, Malerba non ha voluto propinare né parabole laiche, né mondi fantastici, bensì piccoli, sganascianti assaggi della stupidità umana, che è profonda, sì, ma pure intenerente e allora farne materia di favola è intelligente e, si scusi la parola, perfino educativo (anche più del sacro Carlo M. Cipolla e delle sue leggi della stupidità, cui i personaggetti di Malerba obbediscono in pieno). Non stare al posto proprio è il più delle volte da cretini e non da eroi, dice Malerba, senza per questo mettere i bastoni tra le ruote a Ulisse o a Ratatouille, il topolino della Pixar che ha insegnato a grandi e piccini che chiunque al mondo può cucinare, metafora per dire che tutti possiamo fare ciò che vogliamo, con impegno e dedizione – dimenticando l’intelligenza, virtù forse troppo novecentesca, quindi polverosa. Da Ratatouille, che è un capolavoro, tuttavia, abbiamo guadagnato forse MasterChef, mentre dalle storielle di Malerba nessuno è ispirato a far nulla di mirabolante – men che meno talent show, tranne che starsene in panciolle a ridere tantissimo, sentendosi complice e, sotto sotto, pure vittima. Ragione, questa, per dare il libro in mano a bambini e, soprattutto, genitori.

 

STORIETTE E STORIETTE TASCABILI
Luigi Malerba
Quodlibet, 192 pp., 14 euro

 

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