Io, Pablo e le cacciatrici di eredità
Gaffi Editore, 133 pp., 15 euro
Alessandro Banda per chi non lo conoscesse è uno scrittore altoatesino, insegnante al Liceo pedagogico di Merano – informazione non trascurabile – dato che su questo background costruisce l’ossatura di tutti i suoi lavori letterari. Con Io, Pablo e le cacciatrici di eredità, Gaffi torna a sorprenderci con la sua versatilità e duttilità di stile e contenuti. Il protagonista, Pablo, muore alla seconda o terza riga dell’incipit e la sua vita, la sua inutile, superflua, misera vita di studente fallito, bidello raccomandato, amante piacente e instancabile nonché marito annoiato, ci viene raccontata da suo fratello minore, voce narrante, che approfittando dello stilema verghiano dello straniamento, prende le distanze dal dissoluto protagonista e ne interpreta le azioni e le omissioni deformandole secondo il suo personale punto di vista e rispecchiando così anche la personalità degli altri personaggi che si muovono nella storia. Il padre preside, per esempio, che nella magnanimità di garantire un futuro al figliol prodigo, si umilia al punto da chiedere al parroco la raccomandazione a bidello nella sua stessa scuola, condannando così il figlio e se stesso allo sberleffo e alla commiserazione perenne. Il canone di Turgenev è ripercorso qui in direzione inversa. Non è il protagonista – come accade nel Diario di un uomo superfluo – a ritenersi inutile, ma nel caso di Banda è l’io narrante sovrapposto e immedesimato nella coscienza di chi legge a ritenere superflua la vicenda che appare però terribilmente e brutalmente vera fino al punto di meritarsi la dignità del racconto. E lo racconta Turgenev in una Russia zarista con una lingua pudica, trattenuta, calibrata sia pur con una potenza esplosiva che in qualche modo ritorna nel linguaggio particolarmente dotto e carico di citazioni del professore sudtirolese che conferisce al dettato quella contemporaneità necessaria per il tema trattato così drammaticamente intramontabile. Nella seconda parte del romanzo, la storia si scioglie in una squallida faida tra le sue ex, alla conquista di un’eredità di ben poco conto. I personaggi si vestono di avidità e avarizia che li portano a sbranare e dilaniare quei pochi beni in possesso del bidello e che incideranno profondamente solo sul futuro del povero narratore, testimone e vittima inconsapevole. Banda sale in cattedra ancora una volta per attingere a quel fondale sicuro della realtà serena e concreta della provincia e della scuola per trasformarla con sorprendente capacità narrativa in una creatura mostruosa degenerata e trasfigurata come in un crudele gioco di specchi deformanti da luna park.
IO, PABLO E LE CACCIATRICI DI EREDITÀ
Alessandro Banda
Gaffi Editore, 133 pp., 15 euro