Feste di sangue
di Paolo Forcellini, Cairo, 235 pp., 14 euro
Che a Venezia si addica il mistero, sia sotto forma classica (Corto Maltese docet) sia sotto specie di giallo, di thriller e perfino di horror, è cosa risaputa, almeno dai tempi di “A Venezia… un dicembre rosso shocking”, titolo italiano di un racconto datato 1971 di Daphne du Maurier e poi del film interpretato da Donald Sutherland e da Julie Christie. Ma il mistero con cui si confronta in questa sua terza avventura il commissario Marco Manente – “un uomo delle forze dell’ordine molto disordinato”, secondo la pittoresca definizione del questore Impellizzeri, suo diretto superiore, che mal ne sopporta l’indipendenza assai simile alla strafottenza – appare fin dall’inizio come una diabolica sciarada impossibile da decifrare. Un assassino seriale molto concreto e nerboruto si aggira per calli, “sotoporteghi” e corti “sconte”, cioè nascoste, per uccidere donne assai diverse tra loro: dalla reginetta di bellezza che ha appena vinto l’alloro alla Festa delle Marie fino alla malmaritata ereditiera di mezza età, reduce dall’annuale incontro con le amiche in occasione della Festa del Redentore, passando per altre tre malcapitate, colpevoli di essersi fatte sorprendere all’imbrunire, mentre rincasavano, in luoghi poco frequentati e sempre in giorni di festa, tra i tanti offerti dal calendario della Serenissima. Impossibile rintracciare un movente comune per quelle macabre “feste di sangue”, le cui vittime sacrificali solo in un caso forse si conoscevano. Ma ogni volta, dopo aver ucciso, l’uomo tarchiato e di nero vestito (così descritto da un paio di testimoni occasionali che lo hanno intravisto mentre fuggiva) lascia un biglietto sul corpo delle assassinate. Sul primo ci sono solo due inziali, poi a ogni delitto aggiunge altre lettere fino a formare un nome completo, carico di evocazioni funeste… trattasi di giallo, e lasciamo la facoltà di degustarlo al lettore con la sorpresa che merita. Non senza aver sottolineato che, scegliendo le feste tradizionali veneziane per dare appuntamento alle sue ignare vittime, l’efferato omicida dà l’occasione al commissario Manente per lanciarsi in spericolate digressioni sulle origini delle feste medesime, nonché sui cibi canonicamente indicati per celebrarle degnamente, per non parlar delle bevande. Commissario sì, ma gaudente, come ben sa chi ha letto le sue precedenti storie (“La tela del Doge” e “Serenissima vendetta”) e come si conviene a chi, come lui, dà la caccia ai portatori di morte – stavolta, in particolare, per motivi che lo riguardano da vicino – rimanendo sempre sensibile alle ragioni della buona vita.
FESTE DI SANGUE
Paolo Forcellini
Cairo, 235 pp., 14 euro