Un moscerino stupefatto

Claudia Gualdana

Jacques Maritain
EDB, 120 pp., 10,50 euro

Di Jacques Maritain in pratica sono stati pubblicati tutti i massimi scritti. Trattandosi di uno dei più importanti filosofi cattolici del Novecento, nella fattispecie esponente di spicco del neotomismo, la cosa è nel solco della normalità. Mancavano gli scritti minimi: ne è appena uscito uno per i tipi del Centro Editoriale Dehoniano, per la traduzione e la cura di Mario Vitella e Tullio Motterle. Il titolo si riferisce a un episodio che commosse il filosofo francese: nel 1965, alla chiusura del Concilio Vaticano II, Papa Paolo VI, che lo stimava e lo giudicava suo ispiratore, gli consegna simbolicamente il messaggio destinato agli uomini di scienza.


Maritain scrive il 17 dicembre 1965: “Quanto mi è accaduto a Roma è meraviglioso (…). Io non sono che un povero moscerino, tutto stupefatto e profondamente riconoscente per l’affetto che il Santo Padre ha la bontà di testimoniargli”. Il Papa infatti lo aveva voluto accanto a sé nella solenne chiusura del Concilio. La frase confidata è di profonda, cristianissima umiltà: non porta alcun segno di filosofica protervia. Il tono è intimo, di lettera privata, come sono del resto tutte le missive qui raccolte, inviate dall’aprile 1958 al giugno 1973 a don Giovanni Stecco, insegnante di seminario a Vicenza. Don Stecco era entrato in rapporti d’amicizia e comunione spirituale dapprima con la moglie del filosofo, Raissa, che neppure lo aveva mai incontrato di persona, e dopo la morte prematura della donna era diventato sodale e confessore di Maritain.
Le lettere sono firmate con un semplice “Jacques”, sono connotate da brevità e comunione nella fede. Ma c’è dell’altro: in breve tempo, la sincera amicizia con don Giovanni Stecco si trasforma in sodalizio. Dal loro incontro a Kolbsheim, l’umile prete entra a far parte della famiglia spirituale di Maritain e diventa il confidente privilegiato per tutto ciò che concerne l’Italia. E’ Stecco a intervenire nei rapporti tra il filosofo e gli editori e i traduttori della sua opera quando si presenta un problema: “Chi può aiutarmi in Italia se non lei?”, confida.
E infatti nello stesso 1965 Maritain gli chiede di intercedere presso Stefano Minelli, direttore della Morcelliana, affinché la traduzione dell’Opera Omnia, in corso presso il noto editore bresciano, sia ineccepibile. La missiva si conclude con un classico: “Preghi per me”. Altrove giungono parole di gioia per accadimenti che riguardano il mondo cattolico, come la nomina a cardinale di Charles Journet, teologo e docente all’Università di Friburgo, poiché ciò ha “un significato immenso per il tomismo vivente nella Chiesa”.

 
Ma non si creda di trovare, qui, sottili disquisizioni dottrinali; abbondano invece i riferimenti alla fede, alla stanchezza e alla vecchiaia che incidono, rallentando il lavoro intellettuale. La solennità della cultura e della filosofia lasciano spazio alla confidenza, all’alleggerimento dei reciproci pesi della vita che porta con sé un sincero rapporto di amicizia. Don Stecco resta nell’ombra: nessuna delle sue lettere è pubblicata. Come se fosse, lui, un testimone anonimo della fede e della figura vivente di Cristo: “La sua bontà e la sua amicizia sono grazie grandi del cielo”, gli confida il sommo francese. E del resto i grandi si danno nel piccolo, nel silenzio dell’anonimato, nel supporto indispensabile che donano disinteressatamente ai grandi. Compare, nelle intime parole scambiate tra i due uomini, una frase di san Giovanni della Croce di singolare pregnanza: “Io non ho altra guida e altra luce che la lampada ardente nel mio cuore”. Se la lampada ardente è la fede, è anche quella nell’amicizia, una consolazione rara e preziosa per le asperità della vita. 

 

UN MOSCERINO STUPEFATTO
Jacques Maritain
EDB, 120 pp., 10,50 euro

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