Del sangue e del vino
di Ettore Castagna, Rubbettino, 218 pp., 14 euro
Giunsero su una spiaggia deserta, una costa bianca e sabbiosa li accolse: soltanto un vento intermittente, di tanto in tanto, cedeva il posto al vapore del caldo ionico che trasportava la galea veneziana. Sembrerebbe un remake di “Cast Away” o uno dei tanti sbarchi di anime affrante sulle coste italiane. E infatti, seppur a distanza di secoli, il contesto non è tanto differente: si tratta di Selenu, surreale paese della Calabria barocca, che nel 1668 accolse Dimitri e Agati, coppia di greci fuggiti dall’invasione turca nei Balcani, protagonisti del romanzo di esordio di Ettore Castagna.
L’etnomusicologo nonché antropologo catanzarese realizza un affresco visionario dell’Aspromonte grecanico in cui i due giovani cretesi sbarcano “con un solo sacco di tela di ginestra con quattro panni sudati”, mossi dal desiderio di scampare a un futuro da schiavi e trovare rifugio in una terra abitata da fratelli ellenofoni. Anni di ricerche etnografiche divengono così il racconto dei mondi pastorali e contadini calabresi del XVII secolo, in cui il suonatore di Ierapetra e la consorte si integrano prontamente spaccando pietre e producendo melodie con una lira di gelso intagliato. Qui, in un ambiente mediterraneo rurale e feroce, sul pianoro di pietre e ghiaia, lungo il quale scorre il Leucopotamo, danno alla luce l’unica figlia, Caterina, che si diletta a tessere al telaio in attesa dell’uomo da maritare, ma ben presto, grazie alla frequentazione con una maga, scopre l’arte magica. Tra spiriti e malocchio, è l’unica a sopravvivere alla frattura del dente di roccia su cui poggiava la fantastica città di Selenu. Le macerie inghiottono la madre Agati, le acque impetuose trascinano via il padre Dimitri e lei, ormai strega del paese, rimane sola a combattere il mormorio del popolo, inizialmente ignaro del potere salvifico delle sue pozioni.
Proprio tra le rovine di Selenu, che tanto ricorda il borgo fantasma di Roghudi, la bella e pungente Cata mette al mondo Nino, frutto di una passione fugace con un mercante veneziano che la inizia all’amore, dopo un incontro ravvicinato con le carni ardenti del demonio.
Futuro pastore ma presto eroe, il giovane rappresenta dunque la terza generazione della stirpe protagonista della saga ideata e sviluppata da Castagna in duecentodiciotto pagine, in cui mescola le vicissitudini storiche di un periodo segnato dalla pressione migratoria con la quotidianità di personaggi mossi da pulsioni primordiali, alternando continuamente registri linguistici, dall’italiano colto al gergo dialettale calabrese e veneto sino a canti ellenici.
Senza mai perdere il bandolo del verosimile, lo studioso calabrese accosta armoniosamente reale e fantastico, tragico e fiaba, in un intreccio narrativo intriso del sapore metallico del sangue sgorgato con ferocia misto al profumo onirico del vino rubino e trasparente. L’uno alter ego dell’altro, simbolo di patimento e morte ma anche di vita e rinascita, sangue e vino si rivelano elementi complementari, al principio di tutto. Anche dell’esistenza di personaggi tutt’oggi reali, come preti corrotti con segreti indicibili e uomini spavaldi che ostentano il potere baronale, e di figure leggendarie come il Dragumeno e le pietre canterine. Che intonano un’ode celebrativa della sacralità della natura insita nelle credenze calabro-greche, spesso però sopraffatta dalla violenza che abbatte persino le querce più alte e possenti. E lascia in vita solo la memoria, vivida nelle intime missive poste a suggello di ogni capitolo, indirizzate da Caterina al figlio morto eroicamente in nome dell’amore filiale. Delle proprie radici, con le quali Castagna fa ricongiungere personaggi e lettori.
DEL SANGUE E DEL VINO
Ettore Castagna
Rubbettino, 218 pp., 14 euro