Il Sorcio
Georges Simenon
Adelphi, 155 pp., 18 euro
Il Sorcio è un clochard, un senzatetto fin troppo noto ai gendarmi di Parigi che conosce a menadito i commissariati in cui dorme ogni sera. Un tempo era un insegnante di musica ma ormai è passata sin troppa acqua senza i ponti. Oggi tutti lo conoscono per la sua andatura e i suoi modi farseschi, per l’arte con cui chiede l’elemosina davanti ai teatri, aprendo con garbo le portiere, bevendo sino all’ultima goccia tutto ciò che ha racimolato, una sera dopo l’altra. Finché gli capita per le mani una di quelle occasioni che possono cambiare le sorti di un destino avverso, un biglietto vincente della lotteria che deve solo incassare. Ma non è così semplice. Innanzitutto perché c’è di mezzo un cadavere. Ugo Mosselbach, altrimenti noto come il Sorcio, è il protagonista dell’omonimo romanzo che Georges Simenon scrisse nel 1938 – lo stesso anno de Gli intrusi e La casa dei Krull – appena ripubblicato da Adelphi, con la traduzione di Simona Manbrini. Si tratta di un poliziesco adrenalinico e dal ritmo forsennato in cui il prolifico autore belga – uno dei più attivi del XX° secolo, con centinaia di romanzi e racconti all’attivo – rende un chiaro e affettuoso omaggio al suo commissario Maigret, richiamandone sulla pagina le atmosfere, la metodologia d’indagine e ben due personaggi della serie, l’ispettore Lognon e Lucas, promosso a commissario di polizia giudiziaria, con tanto di pipa e carattere scontroso. Proprio come Maigret. Così, in una notte indimenticabile il Sorcio ha trovato addosso ad un cadavere un portafoglio gonfio di banconote in una berlina a due passi dall’ambasciata inglese e come se si fosse da sempre preparato a questa evenienza, ha escogitato un piano per coprire le proprie tracce e prendere le distanze dal corpo esanime. Con una busta gialla contenente ben 150 mila franchi si reca al commissariato, pronto a denunciarne il ritrovamento – da onesto cittadino! - sperando che nessuno venga a reclamarla e così, dopo un anno di purgatorio potrà finalmente rientrarne in possesso. Tutto fila liscio finché l’ispettore Lognon che detesta i modi ilari del Sorcio, non si mette in testa di investigare. E qui cominciano i guai. Lognon, scorbutico e puntiglioso, agita il fondale e si mette alle calcagna del clochard, dando il via ad un balletto di mosse e contromosse fra i due, un duello che li pone al centro della scena mettendo in luce le reciproche miserie. Nel frattempo non c’è traccia della vittima, un ricco finanziere svizzero di nome Edgar Loëm ma il principale sospettato per la sua scomparsa è il suo procuratore commerciale parigino, Frédéric Müller, denunciato pubblicamente dalla sua compagna, Miss Dora, figlia di una ricca famiglia ungherese. Ma non è tutto perché una foto, trovata con il denaro, rivelerà una doppia esistenza dell’irreprensibile finanziere che si spacciava per essere un semplice commesso viaggiatore di nome Leroy e aveva una relazione con la giovane Lucille Boisvin. Leggere “Il Sorcio” è come andare sulle montagne russe, grazie ad una trama ricca di misteri, indizi e colpi di scena fra gli sfarzosi caffè degli Champs-Élysées e i lussuosi alberghi dell’Opera di Parigi, con l’autore impegnato a confondere le acque e mescolare le tracce, facendo entrare in scena l’alta finanza, una banda di gangster, donne affascinanti e persino un rocambolesco rapimento in stile action-movie. Simenon dichiarava di scrivere le avventure del suo Maigret fischiettando; ebbene anche alle prese con questo romanzo deve essersi divertito parecchio e il suo entusiasmo finisce per contagiare il lettore, sino al colpo di scena finale.
IL SORCIO
Georges Simenon
Adelphi, 155 pp., 18 euro