L'isola riflessa

Alessandro Moscè

di Fabrizia Ramondino, Einaudi, 152 pp., 14 euro

Fabrizia Ramondino scrisse di essere stata sedotta, nell’infanzia, dai tre moschettieri e dai tre fratelli Karamazov, da Gigì ed Eugenia Grandet, da Claudine e Anna Karenina, dal conte di Montecristo e dal principe Myskin, dalla principessa di Clèves e da mademoiselle de Maupin, da capitan Fracassa e dal capitano Achab. E ancora dai pirati della Malesia e dalle primule rosse. Dunque dall’avventura, dalla sfida, dalla temerarietà. E in fondo anche L’isola riflessa è un romanzo d’avventura. Ventotene, la più speciale tra le isole d’Italia, è una terra di confino, culla d’Europa, luce verso l’orizzonte e sguardo sul panopticon del carcere di Santo Stefano. Ventotene è anche l’approdo di una donna, la scrittrice, malata di depressione. Eremo, prigione con le sbarre di scogli e acqua salata: un’isola che nei secoli non ha mai avuto un volto solo. L’isola riflessa è un libro dove parlano, come avessero voce, bar, negozi, rocce, spiagge. E’ anche un atto d’amore che accoglie la natura: il finocchio marino, la ginestra, l’elicriso, le rose, la palma nana. Il vissuto personale s’intreccia alle storie che hanno ricreato l’isola: dagli eremiti medievali ai cenobi, a Sandro Pertini, Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi in un contesto esiliato, battuto dal vento dove c’è stato anche chi ha mangiato i gabbiani bolliti nell’aceto. Pertini leggeva avidamente i pochi giornali che arrivavano. Usava piegare i pantaloni dell’uniforme carceraria e metterli sotto il materasso perché durante la notte si stirassero; come a significare quotidianamente che non si sarebbe mai piegato al regime”. Scrisse Goffredo Fofi nel 1998 di una piccola isola mediterranea, luogo appartato di natura, di eros, di spirito, di mito, di turismo, che ospitò l’autrice in una primavera e in un autunno di ritiro. Ramondino descrive accuratamente i cacciatori di frodo che sparano alle beccacce, agli uccelli provenienti dall’Africa, mentre gli isolani sono capaci di prendere i pesci con i fazzoletti o addirittura a mani nude. Quindi i pescatori subacquei che si muovono disinvoltamente, con uno stile funzionale al luogo, o le ragazze in due pezzi che rinnegano il topless. La domanda che ci si pone a metà della narrazione racchiude il significato di un mondo, oltre che di un momento: “Mi chiedo se esistano ancora luoghi dell’anima, e non invece soltanto luoghi qualsiasi, dove non le nostre ceneri, ma noi stessi siamo già dispersi e smarriti in vita”. Si parte e si ritorna in una piazza rettangolare, cinta di case a due piani dipinte di giallo, con le persiane verdi, i balconi incorniciati di bianco.

 

L'ISOLA RIFLESSA
Fabrizia Ramondino
Einaudi, 152 pp., 14 euro

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