Opere filosofiche, teologiche e matematiche
Niccolò Cusano Bompiani, 3.070 pp., 75 euro
Senza esserne del tutto consci, scomodiamo Niccolò Cusano ogni volta che parliamo di “dotta ignoranza”. Nell’Apologia di Socrate, Platone chiarisce il significato del “So di non sapere” pronunciato dal padre del pensiero greco. La consapevolezza della finitudine della conoscenza umana sta alla base della filosofia classica, ma nel Quattrocento il colto chierico calato a Roma dalla Germania conferisce un nuovo significato al concetto. Ernest Cassirer lo considerava il fondatore della filosofia moderna. La Dotta ignoranza è un suo scritto giovanile e apre il volume uscito da poco nella collana Il pensiero occidentale di Bompiani. Un’opera ambiziosa, che arricchisce la pregiata collana con un nome d’eccellenza.
Poco importa che l’affermazione di Cassirer sia condivisibile o meno. Il punto è che Cusano, formatasi tra l’Università di Padova e quella di Hidelberg all’alba dell’umanesimo di cui è figlia la modernità, elabora un pensiero in cui la teologia neoplatonica sviluppata prima dell’affermazione della Scolastica sposa la riscoperta dei classici. Il suo enciclopedismo si basa sul principio cristiano, lo stesso Gesù. Cusano lo chiarisce ne La dotta ignoranza: “La fede è l’inizio della conoscenza”. Recupera Isaia: “Se non crederete, non riuscirete a comprendere”. Questo amico di Enea Silvio Piccolomini destinato alla porpora cardinalizia, al richiamo all’ordine di una diocesi riottosa come quella di Bressanone e a un viaggio alquanto fruttuoso a Costantinopoli, di dove ritorna portando con sé le edizioni greche delle opere di Dionigi Areopagita e di Proclo, fu uomo del Vaticano, ma soprattutto della speculazione. In quest’opera, la prima della sua riflessione, espone anche una cosmologia in cui è descritto un universo privo di centro fisso nel quale molti hanno ravvisato un’anticipazione del sistema copernicano.
Corrono gli anni della prospettiva in pittura, delle chiese che richiamano i templi pagani nella misura delle facciate non più gotiche, dei Marsilio Ficino, dei Lorenzo Valla e dei fasti medicei. E’ il tempo dell’Italia di nuovo caput mundi, della cultura che si allontana dai monasteri per entrare nelle corti, di un sapere che si fa profano. Cusano è un uomo di Dio, lontano dai fasti opulenti dell’epoca. Vespasiano da Bisticci lo dice “grandissimo filosofo e teologo e grande platonista”, che “la pompa né la roba non stimò nulla. Fu poverissimo cardinale e non si curò d’avere”. Ligio al dovere, si divide tra curia e università a ricordare che la Chiesa è al centro di ogni speculazione, che senza Gesù tutto è vano, un agitarsi scomposto fuori dal principio del tutto, l’Uno di plotiniana memoria. Egli è il pensatore della “coincidenza degli opposti”, il critico della “consuetudine obsoleta” dell’aristotelismo che si rifà ai Vangeli unitamente ai dialoghi platonici. Già il titolo dell’opera ci dice che per il sommo pensatore rinascimentale teologia, filosofia e matematica sono parte dello stesso disegno, in tutto e per tutto divino.
Ciò non di meno, il ragionare latino del Nostro è profondamente innovativo. Sistematico, ne Le congetture ritorna sul tema della conoscenza chiarendone con sottili ragionamenti il carattere approssimativo. Recupera i teologi e i mistici sospettati di eresia, come Scoto Eriugena e Meister Eckhart, emarginati perché di idee platonizzanti. Disse che la sua opera “avrebbe vinto tutti gli orientamenti filosofici”. Verrebbe da aggiungere in una summa del pensiero precedente volta a fondare su basi nuove le conquiste del sapere tutto, in un universalismo moderno che dà nuova linfa alla teologia medievale.
OPERE FILOSOFICHE, TEOLOGICHE E MATEMATICHE
Niccolò Cusano
Bompiani, 3.070 pp., 75 euro