Non parlare con la bocca piena
Chiara Francini, Rizzoli, 288 pp., 18 euro
Perdere l’amore, a volte, fa ritrovare le proprie basi. E’ il caso di Chiara, romantica creatura nonché dentista trentacinquenne che, dopo aver interrotto la sua relazione con Federico, aitante svizzero dall’italiano imperfetto, decide di tornare nel suo nido. Nessuna routine tradizionale ad aspettarla bensì la sua bizzarra famiglia composta da Giancarlo, professore universitario di anglistica con la passione per il teatro, e Angelo, oculista con il pallino del caffè curativo di ogni male.
Questi sono i protagonisti di Non parlare con la bocca piena, romanzo che sancisce l’esordio letterario di Chiara Francini. L’attrice fiorentina risparmia tanta fantasia nel dare nome e fattezze alla protagonista e al fidanzato per riversarla nella creazione di personaggi eclettici. Personalità che, come in una sorta di album di famiglia, si susseguono nei capitoli: dalla fida amica Mara Elena con capelli fumanti di piastra, fuseaux zebrati e ombretto cobalto, che dispensa consigli e battute, all’esuberante compagna di classe Gimmy il Troione, alla zia Gertrude, sorella del padre Giancarlo, a cui confida le sue debolezze, sino a Gina la talpa che stermina l’orto di Angelo e alle stravaganti Supreme, amiche del papà di Chiara. Il Barone Rampante, Diogene di Santo Stefano di Sessanio, Ernest il Parsi, Celeste nell’altro dei cieli: esuberanti presenze del pranzo domenicale che l’hanno vista crescere, amare, sbagliare. Momenti conviviali con tavolate eccentriche, che tanto ricordano quelle delle pellicole di Ozpetek, nella casa in cui Chiara ritrova conforto e serenità. Ma soprattutto le abitudini che hanno il sapore di certezze, come l’albero di Natale addobbato tutto l’anno e l’immancabile sacchetto colmo di dolci Galatine.
Così, la protagonista, cresciuta con genitori dello stesso sesso quando ancora le unioni civili erano un tabù, cerca il suo equilibrio nella “speciale normalità” intraprendendo un percorso introspettivo per riconquistare la felicità.
Cerca la complicità perduta con Federico esplorando nuovi mondi maschili, tra cui Luigi, piacevole distrazione, ed Emanuele, attrazione mentale giunta al momento sbagliato, per poi arrivare alla conclusione che ciò che ha coincide con quanto desidera: “L’amore con Federico non è stato un amore perfetto, ma è stato un amore felice”. E continuerà a esserlo, come il sentimento inscindibile che ha legato i genitori sino al giorno dell’improvvisa scomparsa di Giancarlo.
I capitoli si susseguono, scorrono limpidi e spediti tra gli spaccati di vita quotidiana che si alternano a telegrammi firmati “tua Eleonora”, madre biologica di Chiara, rivelatasi frutto di un amore libero.
Con delicata semplicità e saggia ironia, ricorrendo a eleganti virtuosismi linguistici, Chiara Francini affronta così tematiche rilevanti come l’omosessualità, la genitorialità e la morte evidenziandone il valore senza mai cadere nella retorica. Delinea virtù e debolezze di personaggi che condividono cadute e risalite per poi portare in scena tutti insieme Non parlare con la bocca piena, spettacolo teatrale in onore del padre scomparso. Si tratta, appunto, dell’imperativo che dà il titolo al romanzo, fa riecheggiare le raccomandazioni dell’infanzia ma ha un significato ben più dolce: con la bocca colma di Galatine, la piccola Chiara non dava adito ai pregiudizi della gente, troppo spesso impigliata in retaggi culturali, ignara del fatto che la propria felicità non basta per essere felice. E’ un sentimento che, in realtà, va condiviso per vivere serenamente, per riuscire a cogliere la bellezza della diversità, ad ammirare la sorprendente imperfezione dell’umanità.
NON PARLARE CON LA BOCCA PIENA
Chiara Francini
Rizzoli, 288 pp., 18 euro
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