I Mann. Storia di una famiglia
Tilmann Lahme, EDT, 489 pp., 26 euro
This amazing family, scrisse Harold Nicolson sul Daily Telegraph a proposito dei Mann, questa famiglia straordinaria. Folle, impetuosa, ribelle. Due genitori, sei figli, i turbamenti di personalità, l’estro, le derive emotive. Fecero e videro di tutto, fuori e dentro la Germania, lo spettro del nazismo li avrebbe rincorsi a lungo nel loro giro intorno al mondo.
Di Thomas, il Mago, della moglie Katia e dei figli Erika, Klaus, Golo, Monika, Elisabeth e Michael si è scritto molto ma il giornalista e storico della letteratura Tilmann Lahme fa qualcosa di più di un resoconto ricco e dettagliato, perché con la biografia romanzata I Mann. Storia di una famiglia ci porta direttamente all’interno del nucleo famigliare, senza filtri e senza inganni, con l’ausilio dei diari e delle lettere di corrispondenza.
Un percorso intimo che, sì, indaga i fatti salienti della vita dei Mann – dal premio Nobel nel 1929 a Thomas all’esilio in America, dal successo delle opere più famose del Mago al suicidio di Klaus e probabilmente anche di Michael, entrambi per overdose di barbiturici – ma Lahme vuole osare, va oltre e ci conduce in un territorio minato, “denuda” l’identità intellettuale e lascia che il lettore osservi la persona in carne e ossa, in moralità e spirito, con tutte le sue inevitabili contraddizioni e indiscusse qualità.
C’è qualcosa di torbido e geniale in questa grande famiglia, che sbalordisce e inquieta chi non ne fa parte; Thomas, lo scrittore simbolo della letteratura tedesca prima e di quella d’esilio poi, non vuole saperne dell’educazione dei figli, lui deve creare, il resto è nelle mani della paziente Katia, donna di tempra e di grande animo. Nonostante la tendenza omosessuale di Thomas il matrimonio con Katia è perfetto, non una sbavatura, lei è comprensiva e complice, lui ripaga la sua dedizione con il saggio Sul matrimonio, in cui spicca la teoria del contratto matrimoniale come delimitazione dell’omoerotismo. Mielein – Katia – apprezza molto, ma sembra dello stesso avviso l’adorato figlio Klaus, che comprende subito di essere omosessuale, esattamente come la sorella Erika, la sua “twin”.
Se l’intera prole dei Mann ha avuto una vita quantomeno avventurosa, Erika e Klaus superano di gran lunga tutti gli altri: legati da un affetto morboso – Klaus dipende emotivamente da Erika, mentre lei dimostra una maggiore indipendenza, salvo considerarsi “impensabile senza di lui” dopo il suicidio – fin da piccoli coltivano il sogno del teatro, mettono in scena spettacoli e girano il mondo arrivando a prosciugare il patrimonio famigliare. Il dandy Klaus, in balìa delle droghe e alla perenne ricerca di uomini da amare, furoreggia tra Parigi, Londra, Berlino e New York pubblicando a ventisei anni la sua autobiografia. Convinto antinazista pubblicherà nel 1939, durante l’esilio americano, un romanzo sull’emigrazione mentre Erika darà il meglio di sé nel suo cabaret politico-letterario di grande successo in Svizzera, il “Pfeffermühle”, suscitando l’ira dei nazisti. Ma il destino della Mann è altrove, in Inghilterra, dove si trasferirà procurandosi un passaporto grazie al matrimonio “formale” con il poeta W. H. Auden. Diventerà reporter durante la guerra civile spagnola, gettandosi a capofitto in relazioni omosessuali e non.
Lo spettro di Thomas – padre amato e odiato – incombe sui figli, soprattutto su Golo, che cercherà sempre invano l’approvazione paterna, e su Klaus, che continuerà a chiedersi fino alla morte: “Uscirò mai dalla sua ombra?”. Il peso dello scrittore Thomas grava sulla coscienza dei figli, un peso che soltanto Katia riesce a sopportare con fermezza e dignità: lui è la Germania, lui è la letteratura.
I MANN. STORIA DI UNA FAMIGLIA
Tilmann Lahme
EDT, 489 pp., 26 euro