Introduzione a Elias Canetti
Leonard Mazzone, Orthotes, 210 pp., 19 euro
Leonard Mazzone ha conseguito, qualche anno fa, un dottorato di ricerca in Filosofia all’Università di Firenze con una tesi sulla vita e le opere di Elias Canetti. Dalla tesi, dal lavoro operato sui testi del Nobel per la Letteratura 1981, e su una documentata bibliografia, ha saputo trarre buona linfa per la pubblicazione di due libri. Il primo, di alcuni mesi fa, per i tipi della Rosemberg e Sellier, dal titolo Il principio possibilità. Masse, potere e metamorfosi nell’opera di Elias Canetti; il secondo, appena uscito, un’introduzione a Canetti, un riattraversare i pensieri, le parole e le opere di un autore che, faticosamente, almeno nel nostro paese, riesce a far parlare di sé e, soprattutto, a farsi leggere.
In tanti dicono di comprare i libri di Canetti, in pochi li leggono, in pochissimi li comprendono. È la triste realtà, il destino amaro dei fuoriclasse della scrittura, dei prodotti non mediatici, di chi ha speso la vita per lasciare un’opera e tante vite per combattere la morte, senza ovviamente riuscirci. Ecco perché lo studio di Mazzone ha una sua utilità.
Non è semplice accostare Canetti, non è neppure da consigliare un vibrante corpo a corpo con la sua opera, poiché se ne potrebbe uscire persino danneggiati. E’ invece sperabile che lo si assapori con lieve distacco, aprendolo e chiudendolo, avvicinandosi e allontanandosi, assaporando un aforisma e seguirne l’effetto che fa. Poi, dopo una lenta assunzione, se convinti ed estasiati, tuffarsi pure a corpo morto (Canetti direbbe a corpo vivo, vivissimo) su una miniera inesauribile e profonda di concetti e di scoperte, di ancestrali paure e sofisticatissimi incanti. Mazzone ha dimostrato di volerlo leggere con serietà, come altri hanno già fatto, per cercare di carpirne l’intimo messaggio, per comprenderne altezze e contraddizioni, per restituirne il valore di una prova.
Canetti non è soltanto, come ritenuto da qualche superficiale, l’autore di un libro, Massa e potere, o di un romanzo, Auto da fé. Canetti è un’opera, è uno squarcio di sole fra terra e cielo. Un cielo scuro, nero, pauroso, ma pieno di possibilità se lo sai guardare, se non ti spaventi di guardarlo. Canetti è una potente riflessione sull’uomo e sulla sua stupidità. Canetti, al pari di Hobbes, sa che cos’è la paura e il conflitto (come colto da Antonio De Simone in L’arte del conflitto. Politica e potere da Machiavelli a Canetti. Una storia filosofica, 2014, edito da Mimesis). Canetti è uno sguardo sempre acceso sul manicomio e sui folli. Canetti è un critico severo della vanità (malattia dalla quale nessuno è esente, neppure lui), del narcisismo, dell’io sconfinato, e tanto avrebbe da dirci sul nostro mondo dei selfie e degli eterni specchi, che spesso rimandano il nulla. Canetti è un sismografo insuperabile delle vite a scadenza. Canetti è un fustigatore di Dio, ma legge Pascal e si consegna alla Bibbia.
Se Canetti non fosse esistito, avremmo dovuto inventarlo. Per far spiegare a lui perché servono anche i giovani che, in mezzo a tanti studiosi distratti, si occupano con passione di un certo signore con baffi e occhiali, che aveva decine di matite sulla scrivania e con quelle matite, un giorno, decise di lottare con ardore contro la morte, di diventare il più incallito e incarognito dei combattenti, e di afferrare il secolo alla gola. Di fatto è riuscito ad afferrare soltanto noi, che ancora lo ringraziamo, con deferenza, di una presa così stretta, così intensa, così vera.
INTRODUZIONE A ELIAS CANETTI. LA SCRITTURA COME PROFESSIONE
Leonard Mazzone
Orthotes, 210 pp., 19 euro