Gerusalemme assediata
Eric H. Cline, Bollati Boringhieri, 440 pp., 26 euro
Lo status di Gerusalemme, specie dopo la decisione dell’Amministrazione Trump di spostarvi l’ambasciata americana, è un tema storiograficamente delicato, perché tante e troppe sono le passioni che circondano quel plurimillenario sito religioso. A fornirci un quadro storico onesto e ben documentato è Eric H. Cline, storico e archeologo americano. Cline ha saputo magistralmente incrociare le fonti letterarie e quelle archeologiche, non perdendo mai di vista gli usi (e abusi) operati da generali e politici di ogni colore e provenienza, intenti a rievocare strumentalmente il passato in vista di una causa presente. Il libro è suddiviso in nove lunghi capitoli. Dopo un’introduzione evocativa, l’autore ricostruisce minuziosamente la plurimillenaria storia della città, divenuta grazie a Davide la capitale della monarchia unificata d’Israele intorno al 1000 a. C. La formazione archeologica consente a Cline di analizzare le diverse stratificazioni della città e di vagliare le decine di assedi, distruzioni e costruzioni che si sono susseguite nel corso dei secoli. Le date più importanti sono le due distruzioni del Tempio, la costruzione di Aelia Capitolina (136), il breve intermezzo persiano (614), la conquista araba (638), il breve intermezzo crociato (1099) e quello meno noto federiciano (1229-1239), la riconquista del curdo Saladino nel 1187, il periodo mamelucco (1260), la conquista ottomana (1516), la presa britannica (1917), l’intermezzo giordano (1948) e, infine, la “riunificazione” israeliana (1967). L’interazione continua fra passato e presente è centrale in questa storia plurimillenaria della città più divisiva del pianeta. Il fatto che i leader politici del secolo scorso (e attuale) abbiano evocato la loro vicinanza con i grandi protagonisti del passato oppure utilizzino l’espressione di “crociata”, è indicativo di come Gerusalemme sia percepita agli occhi dell’immaginario collettivo: è un luogo unico e indivisibile. Ogni religione monoteistica venuta a contatto con la città l’ha resa una “cosa propria” intangibile e indivisibile. Ma c’è un aspetto forse poco considerato nell’intera storia drammatica: la valenza etica ed estetica dell’esilio. Cline sottolinea la caducità di ogni “presa” della città santa, quasi a testimonianza della finitudine di ogni cosa umana; tutto questo malgrado la ferrea ostinazione delle fedi monoteistiche e l’ansia di “pace”. Ma se il passato tende a ripetersi (spesso in forma di farsa, a onor del vero), e se la storia insegna che il “diritto” al ritorno dei vinti e degli esiliati non è un precedente accampabile, cosa dire della sublimazione dell’esilio? Cosa dire di migliaia di anni di lacerante separazione da Gerusalemme e dei suoi magistrali prodotti? Non solo stermini di massa, discriminazioni e lamentazioni: la lontananza da Gerusalemme può e deve produrre qualcosa d’altro.
GERUSALEMME ASSEDIATA
Eric H. Cline
Bollati Boringhieri, 440 pp., 26 euro