Gli aquiloni
Romain Gary, Neri Pozza, 345 pp., 14 euro
Mentre i tedeschi avanzano, i parigini se la spassano: “All’Hotel du Passage c’erano trenta o quaranta ragazze che si davano il cambio ventiquattr’ore su ventiquattro. A tutte lei consigliava di prendere lezioni di tedesco, ma non c’era una sola puttana francese che credesse che potessimo perdere la guerra”.
In una Francia surreale, ottenebrata dalla sconfitta e dall’occupazione tedesca, un vecchio ex postino di campagna, pacifista e un po’ svitato, non sa far altro che costruire magnifici aquiloni, fino a diventare un’attrazione locale e poi una celebrità nazionale. Poco distante, un vecchio ristoratore ferito nell’orgoglio cerca di mantenere alto il livello del suo rinomato locale, al punto da servire piatti prelibati agli ufficiali nemici, pur di conservare almeno il primato culinario della nazione sconfitta. Una giovane e incantevole aristocratica polacca attraversa tutte le tappe della decadenza, fino alla prostituzione, mentre una vecchia maitresse parigina si trasforma in nobildonna, offre lussuosi ricevimenti ai generali tedeschi e passa informazioni preziose alla resistenza. La guerra sconvolge i destini degli esseri umani e ne inverte i ruoli.
E’ ricco di metafore Gli aquiloni di Romain Gary, ambientato in Normandia e pubblicato nel 1980 – nell’anno del suicidio dell’autore. Ebreo lituano, profugo, eroe di guerra, scrittore di successo, diplomatico, regista, beffardo fustigatore dei salotti letterari, Gary è uno dei più originali e interessanti romanzieri francesi del Novecento. Con grande charme, impareggiabile ironia e malinconico disincanto, egli racconta le debolezze umane e l’ansia di libertà di un’intera generazione di francesi, che ha conosciuto l’umiliazione della sconfitta, ha conservato “una certa idea della Francia” e ha trovato nella Resistenza la ragione anche psicologica del suo riscatto esistenziale e morale.
Protagonista del romanzo è Ludo, uno strano ragazzo, nipote adottivo del costruttore di aquiloni, dotato di una memoria prodigiosa, anzi “totalmente sprovvisto della facoltà dell’oblio”. Ludo, che è povero, si innamora perdutamente della bella, ricca, nobile e ingenua Lila. Lui diventa anima e corpo della resistenza francese, lei si perde travolta dalle onde del destino. Ma Ludo, condannato dalla natura a ricordare tutto, non si dimenticherà certo di lei. “C’è sempre la vecchia espressione ‘si vive di speranza’, ma comincio a credere che sia soprattutto la speranza a vivere in noi”.
A guerra finita, ognuno rivendica la propria parte, con legittimo orgoglio: “Beh signor Duprat, qualche merito ce l’ho anch’io. (…) Dal ’41 al ’45 nella mia casa ho avuto venti ragazze ebree. Quando mi hanno fatta passare davanti al Comitato d’epurazione, queste ragazze sono venute a testimoniare a mio favore. (…) Il mio è sicuramente un bordello, ma che cosa mi sarebbe successo, me lo dica, se gli ufficiali nazisti fossero venuti a sapere che scopavano con donne ebree? Non dico di fare un bel mestiere e non pretendo niente, ma dove avrebbero potuto essere accolte e trovare aiuto, quelle ragazze, se non da me?”.
Secondo Sartre, il primo romanzo di Gary, “Educazione europea”, pubblicato nel 1945, è il migliore che sia mai stato scritto sulla Resistenza francese; secondo Eshkol Nevo, invece, il più bel romanzo di Gary è quest’ultimo, “Gli aquiloni”. Chissà, forse l’interessato risponderebbe con le parole di Ludo: “Cercavo qualcosa da dire, perché bisogna sempre ricorrere alle parole per impedire al silenzio di parlare troppo forte”.
GLI AQUILONI
Romain Gary
Neri Pozza, 345 pp., 14 euro