Aurora dai biondi capelli. Il giudizio

Alessandro Moscè

Domenico Iannaco
Fondazione Mario Luzi, 237 pp., 19,90 euro

La poesia italiana di oggi è in salute anche tra le nuove generazioni, seppure manchi un monitoraggio critico della sua vasta produzione che possa collocarla in poetiche che delineino un quadro sperimentale o neo lirico, una suddivisione legata alle avanguardie del Terzo millennio o ad una melodica percezione, ad una tradizione che va da Saba a Raboni, passando per Caproni, Sereni, Gatto, Luzi attraversando tutto il secolo scorso. Domenico Iannaco ha dato alle stampe Aurora dai biondi capelli. Il Giudizio, edito dalla Fondazione Mario Luzi (2017), un’opera dalla lunga gestazione, visto che l’autore l’ha cominciata addirittura nel 2004. Un poema cristologico, con una natura drammatizzata immersa in una luce di speranza, imperniato sulla ricerca di una salvazione, di un’elevazione dal dramma terreno perché possa essere percepito aprendo il cuore e la coscienza al mondo. Il turbamento di Iannaco conduce a un attraversamento naturalistico tra l’alba e il vento, in una specie di Requiem romantico e insieme agonico. L’aurora è anche una donna simbolica, un sogno, una metafora, un principio creante, un tentativo, parafrasando un verso, di dare forma al bene, di respingere le tragedie, l’inferno umano. Il giudizio del poeta è sospeso nella discesa in basso e nella risalita al cielo, verso un’onirica bellezza (“Ho sognato di toccare il bene e il male, / e di capire la vertigine / come nessuno ha fatto prima di me, / perché io possa moltiplicare l’Io / in una legione e dividere i filamenti / della mia stessa comprensione”). Non manca il ricorso ai sensi, al desiderio, alla carnalità, a una rappresentazione immaginifica del cosmo, come intitola una sezione del libro. Domenico Iannaco entra nelle “viscere di Dio”, nello spazio immenso, in un natura segreta, in una comprensione che sembra originaria e include tutta la creazione nelle “reti della luce”. Quella luce che ricorda la matrice luziana, la mobilità della massa, di chi si sposta non solo nel corpo, ma con lo spirito, con la fede, intravedendo un ammasso di galassie, un bagliore da arcangelo che scrive il giudizio. Siamo dentro un vortice che richiama una versione dantesca dell’esistenza, di chi si chiede apertamente qual è il senso della finitudine nel tentativo di capire cosa si è. Questa felice allucinazione spinge un andare al di là del visibile e del razionale, con la consapevolezza che nonostante il progresso materiale, le guerre e le menzogne, “la vita conta più di una durata”. La donna possiede una sua grazia, supererà ogni abominio, ogni prostituzione della personalità, si purificherà. Il mondo avrà uno sbandamento, Gesù troverà pecore e non un gregge, ma non potrà che trionfare l’amore che unisce, una sorta di profezia che garantisce la magia resistente, la pulizia delle prossime generazioni. Passando tra guerre e apocalisse, vite svilite, sacrificate (“com’è possibile uccidere un uomo?”), “diluvi di condizionali”, apparizioni mariane, preghiere e invocazioni, si giunge a un destino infinito, a ciò che si compie definitivamente.

Si tratta di un destino etereo, atmosferico, angelico. Tutto prosegue nella potenza divina: “Era un concrescere, un porgere mani / di pensiero”. La salvezza e la fine tra i biondi capelli dell’Aurora, abbracciano un’apparizione, l’ultima fase di un crepuscolo e poi ancora una rinascita. Alba e sogno coincidono. La giustizia superiore precede sempre ogni forma di conoscenza: è una grazia giornaliera in una vita tra le tante, che riparte, mai una consolazione estemporanea. “E piovve una lacrima d’anima”. 

 

AURORA DAI BIONDI CAPELLI. IL GIUDIZIO
Domenico Iannaco
Fondazione Mario Luzi, 237 pp.,19,90 euro

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