Hotel Copenaghen
Gabriella Greison, Salani, 272 pp., 15,90 euro
Lise Meitner sedeva sul divano in modo lieve, sembrava che non ci fosse; Hans Kramers restava sul bordo, non voleva allargarsi troppo; Werner Heisenberg era il solito sfacciato, ci si allungava mettendo i piedi sul bracciolo, con tanto di scarpe. Certo che però, chi “ha vissuto di più il sofà verde” è stato Erwin Schrödinger, che indossava papillon vistosissimi e si circondava di uno stuolo di donne adoranti. Sono loro, i fisici che hanno fatto la Storia – scientifica e non solo – e che diventano, ancora una volta, i protagonisti dell’ultimo romanzo di Gabriella Greison, Hotel Copenaghen. Greison, fisica, giornalista e scrittrice, torna all’attacco e sfodera nuovi interessanti aneddoti sulle grandi menti della Scienza mondiale, momenti e situazioni che vanno ad arricchire il quadro, dettagliatissimo, entro cui nasce e si sviluppa la fisica quantistica. L’autrice continua nel suo percorso di diffusione, di “insegnamento” e soprattutto di coinvolgimento del pubblico, proponendo i temi che le stanno più a cuore: la fisica, il passato e le donne.
Siamo in Danimarca, i piani temporali della nostra storia si incastrano alla perfezione e si muovono al ritmo degli eventi e dello sguardo appassionato di chi li vive: la voce narrante è di Margrethe Nørlund, moglie del Premio Nobel per la Fisica nel 1922 Niels Bohr. L’Hotel Copenaghen non è che la casa dei coniugi Bohr, in cui tutto si mescola e si intreccia senza soluzione di continuità: l’amore tra Niels e Margrethe, l’amore per la fisica, la famiglia numero uno – quella biologica – e la famiglia numero due – quella, assai più numerosa, degli studenti di fisica dell’Istituto in cui Bohr insegna. Nel romanzo, che muove dal giorno dell’unione dei Bohr, passando per gli anni “centrali”, i più fruttuosi, delle scoperte e delle grandi amicizie, fino ad arrivare alla morte di Niels nel 1962 e al 1984, anno di morte di Margrethe (il tutto senza un ordine fisso, seguendo la libertà del ricordo e del pensiero di Margrethe e della cuoca dei Bohr), il momento più significativo resta il 1941, anno dell’occupazione nazista della Danimarca. Niels Bohr e Werner Heisenberg si incontrano all’Hotel Copenaghen; i tedeschi hanno chiesto ad Heisenberg, giovane intraprendente tanto venerato da Niels ma che piaceva così poco alla moglie Margrethe, di costruire l’atomica. Del loro colloquio, solitario nei boschi, non resterà traccia, se non quelle missive di sentimento altalenante che Niels non inviò mai all’amico. Da quel momento, nulla fu più come prima.
Ma il racconto della nascita della fisica quantistica passa attraverso il ricordo dei tanti scienziati che hanno animato l’Hotel Copenaghen, a partire da Albert Einstein, che diede davvero del filo da torcere a Bohr, il fisico più amato di sempre, il grande affabulatore che conservò sempre “un’innocenza quasi infantile”; e poi Paul Dirac, il mite e silenzioso Dirac, così taciturno a causa dell’educazione tirannica di suo padre; e come dimenticare Lise Meitner, una delle pochissime donne scienziate a cui, tuttavia, non venne mai assegnato il riconoscimento del Nobel.
Non solo dallo sguardo femminile ed emotivamente accattivante di Margrethe, ma anche da quello – altrettanto femminile ed accattivante, va da sé – di Gabriella Greison, traspare un entusiasmo genuino che ingloba il trasporto per le grandi scoperte della scienza e che al contempo si riflette sull’amore a due, quello tra Niels e Margrethe: il modello atomico di Bohr è stato il loro sigillo d’amore, perché dopotutto “Tu ami solo la fisica e io amo solo te”. dice Margrethe, “Siamo una coppia perfetta”.
HOTEL COPENAGHEN
Gabriella Greison,
Salani, 272 pp., 15,90 euro