recensioni foglianti

La stagione della strega

Simonetta Sciandivasci

James Leo Herlihy
Centauria, 384 pp., 18 euro

Belle Woods, Michigan, 1969. Gloria, una ragazza, una bimba di diciassette anni, decide di scappare via, abbandonare sua madre, girare gli Stati Uniti insieme al suo migliore amico Roy e soprattutto arrivare a New York, il solo posto al mondo dove “puoi far perdere le tue tracce” e dove, però, lei vuole ritrovare quelle di suo padre. Tutto il romanzo che segue (e il tempo in cui è ambientato) si muove compiendo questi due gesti opposti: cancellare e ritrovare, seppellire e disseppellire, scavare e volare, orientarsi e perdersi. Ci sono gli hippie, l’Lsd, i Beatles, il sesso libero, l’esoterismo, la New Age, l’èra dell’acquario, l’uomo sulla luna e quel tentativo di rivoluzionare il mondo che un po’ riuscì e un po’ no e che fu, come ogni rivoluzione che si rispetti, un andare incontro all’origine (dell’uomo, della vita). Quest’anno c’è il cinquantenario di Woodstock e Centauria ha portato per la prima volta in Italia, nella traduzione di Massimo Gardella, questo che è uno dei libri più significativi della controcultura americana, su come la giovinezza divenne in quegli anni una condizione politica, uno strumento di lotta, quella lotta che sognava e agiva in grande. Un tempo formidabile, invidiabile, molto ingenuo e quindi spesso patetico e insopportabile (soprattutto agli occhi di chi non l’ha vissuto) che James Leo Herlihy racconta giocosamente, attraverso l’avventura di Gloria, dalla lettera d’addio a sua madre, una cattolica irlandese figlia di genitori poveri diventata “una ricca Wasp che passa i pomeriggi sotto il casco del parrucchiere”, al ritorno da lei, ormai “non isterica ma sconfitta”, per stringerci un accordo d’amore, un patto mozzafiato: “Lasciarci perdere a vicenda, smettere di influenzarci, permetterci di vivere ciascuna come voleva”. In mezzo, c’è la ricerca del padre biologico, un professore accusato di comunismo dai suoi stessi allievi che firmano petizioni per chiederne le dimissioni, e che non si dimostra affatto all’altezza delle aspettative di libertà, empatia, affinità elettiva che, idealizzandolo, Gloria aveva riposto in lui. In questa ricerca, Gloria, che si ribattezza Strega perché “ricevo vibrazioni dalle persone” ed è sensibile al “Lampo segreto” che sta negli altri (ha 17 anni, perdonatela), incontra personaggi irreali, surreali, ridicoli, invasati, che però non la distolgono mai davvero dal suo desiderio di trovare un posto dove sentirsi parte della realtà. Quel posto, lo scoprirà alla fine del suo viaggio, è casa sua. Scoprirà che la libertà non è un regalo che viene dagli altri, né dalle deregolamentazione delle relazioni con loro, ma è, piuttosto, una radice, un impianto del tutto personale che è superfluo sollecitare, arricchire, aumentare. Ha notato la scrittrice Gaia Manzini che, in questa storia piena di destrutturazioni, abbandoni, batticuori a breve termine, avventure corte, l’intensità sta tutta nell’amicizia di Gloria e Roy, quindi in un legame, un amore che ristora entrambi con pochissimo: all’una basta sapere che l’altro sia vivo, non importa dove, per sentire il suo destino diviso e condiviso con lui.

 

LA STAGIONE DELLA STREGA
James Leo Herlihy
Centauria, 384 pp., 18 euro

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