La voce del padre
Il superpotere dell’immaginazione e quattro figli. La vera dimensione di Michael Chabon è la famiglia
E’ banale, ma esattamente come per un titolo nobiliare figli si nasce e padri semmai si diventa. E figli lo si resta anche quando del rapporto con i genitori resta solo “la trama che ci lega, nel futuro che intravedevamo e nella storia che abbiamo effettivamente accumulato”.
Figli si resta dunque anche con l’immaginazione che è una cosa molto più concretamente sensibile di quanto di solito venga percepita. L’immaginazione tra le altre cose è anche il superpotere dominato con abilità da uno scrittore come Michael Chabon, quella cosa che fa dire a Chabon bambino, da grande voglio diventare uno scienziato pazzo che troverà “la ricetta originale per creare la vita sulla terra”. E Chabon la vita sulla terra l’ha creata davvero innumerevoli volte con i suoi spesso sterminati romanzi, con i suoi saggi e i suoi racconti. Il suo esordio è del 1988 con I misteri di Pittsburgh, la sua esplosione come vero e formidabile scienziato pazzo nel 2000 con Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay.
Da sempre Chabon si pone quasi trasversalmente rispetto all’ossessione per il grande romanzo americano, per lui il racconto ha sempre in qualche modo origine nell’infanzia, in quello che si potrebbe definire un libero e audace desiderio di fantasticheria, gioco e gioiosa immaginazione.
Anche quando affronta il dolore per un lutto o per un più semplice addio, Chabon gioca e cerca uno luogo fantastico trovando risposte là dove il passato ha sempre indicato uno spazio futuro. E quando a una festa per il suo primo romanzo un famoso (e ignoto) scrittore da lui stimato gli rivela la formula magica per diventare un vero scrittore di successo – ossia non fare mai e poi mai figli – Chabon guarda avanti e fa figli e scrive romanzi: da allora ne pubblica sei (compreso uno per ragazzi) e poi ancora raccolte di racconti, saggi e pure fumetti.
E tutto questo nonostante i figli? O tutto questo grazie ai figli? La risposta non è facile, ma nemmeno utile e necessaria. Ci avverte Chabon che qualunque scrittore tu sia e anche qualunque padre tu possa diventare “diversamente dai miei figli, i miei libri sono crudeli e inflessibili con le mie debolezze, inettitudini e pecche caratteriali. Ma soprattutto i miei libri, diversamente dai miei figli, non ricambiano il mio amore”.
Tanto basta per avviare una riflessione sulla stretta via che sta tra l’essere figli e diventare padri e su quanto le due cose vivano sempre in un assoluto stato di contemporaneità. Imprevedibili sprazzi di paternità (tradotto da Francesco Graziosi per Rizzoli) è un libro rapido, di poco più di cento pagine eppure al tempo stesso infinito e imponente. Perché la paternità rappresenta la più grossa parte della vita di un uomo e ne è al tempo stesso lo specchio: un’immagine in movimento, uno sprazzo lunghissimo e sempre imprevedibile. Una rincorsa verso i propri figli che porta inesorabilmente verso il proprio padre, verso la sua presenza e assenza e verso quell’immaginario che si è installato come una voce (la voce del padre) con cui immaginare le risposte, quelle giuste e pure, inevitabilmente anche quelle sbagliate.
Chabon con brevi racconti di vita privata ritrova tra i suoi figli i gesti di suo padre. Reazioni che sembrano imprevedibili, ma che a un più attento sguardo riportano Chabon indietro nel tempo, a venti, trenta anni prima.
Il bellissimo racconto Ometto oltre che il resoconto di un folle viaggio a Parigi al seguito del figlio tredicenne Abraham desideroso di seguire la settimana della moda, è anche il racconto appassionato di una rivelazione di un padre che si accorge quanto lo stile e l’eleganza curati dal figlio non siano un’ostentata forma di diversità culturale e sociale, ma il semplice desiderio di potersi ritrovare uguale insieme ad altri uguali a lui. Il desiderio semplice di un bambino che cresce rapidamente e che inizia a intuire che pure l’amore (fortunatissimo) della famiglia in cui si cresce non basta più ed è necessario cercarne altro fuori da lì.
Tragico, straziante e comico insieme Chabon ci accompagna tra le sue incertezze alle volte confuse alle volte buffe. Dalla passione spontanea e inaspettata della figlia per il baseball, alla stronzaggine di un figlio con le ragazze che ricorda allo scrittore il dolore di sua madre e la stronzaggine in parte rimossa che fu invece di suo padre.
Imprevedibili sprazzi di paternità si apre con uno scrittore amato che di fare il padre non ha mai avuto l’intenzione e che anche per questo motivo è incapace di dare un vero consiglio al giovane Chabon, e si chiude con un padre che invece se ne sta andando, ma senza abbandonare più suo figlio, e che gli dona uno sguardo dolce e acuto a cui fare per sempre riferimento. E infine una voce inaspettata, quella tipica di uno scienziato pazzo e necessaria a uno scrittore di successo e con quattro figli.